Vorrei poter condividere il peso di questa indipendenza, le sue beghe, le sue fotocopie.
Sono l’inquilina del terzo piano e su certe cose non posso decidere.
Sono l’inquilina del terzo piano e su certe cose devo fare la guerra.
L’essere una donna sola è una specie di condanna.
Le bave tossiche del patriarcato, in un condominio qualunque di una qualsiasi città del nord-ovest, appesantiscono le ali. Anche quelle degli assorbenti. E ti trovi a combattere con gli stuzzicadenti l’ennesima battaglia che non hai scelto.
Vuoi camminare per strada alle 23 e 30, fare una corsetta lungo il fiume, esercitare un diritto di proprietà, essere presa sul serio.
Cose normali. Piccole. Se non sei donna e sola.
Perchè se sei donna e sola ti tocca accelerare il passo, guardarti le spalle, chiamare l’avvocato, essere imponente, esibire un tesserino o urlare forte.
Si annida una rabbia feroce sotto le gengive. Non è solo mia.
Per puro caso la villa accanto a dove mi sono trasferita ospita donne vittime di violenza.
Sfilano sotto il mio balcone con la bocca gonfia.
Ci sono anche scarpette colorate sui davanzali.
Sento le voci di un’umanità indistinta e offesa.
Donne sole. Donne sole che fanno gruppo. Forse è così che si diventa forti.
Una responsabile del centro mi ha chiesto se avessi smarrito una tartaruga, se la sono trovata in giardino. La poesia di un animale a guscio che sceglie una casa protetta per vivere mi ha rapita.
Queste donne, forse, non hanno neanche i miei stuzzicadenti. Adesso, però, hanno una tartaruga.
Loro sono me se avessi svoltato a destra, se non mi fossi mai fermata o se non avessi visto una curva. Io sono loro se avessero svoltato a sinistra, se si fossero fermate troppo spesso o se avessero preso quella stessa curva.
Tutte le parole negli aleveoli, sotto la lingua, appese al palato, incollate alle gengive, tutta quelle parole incastrate nella paura di essere fraintese, ignorate, sbattute al muro, non abbastanza forti grandi credibili belle preparate giovani magre giuste curate…quelle parole mai dette noi le abbiamo in comune.
E penso a loro quando una parte di me vorrebbe essere un uomo, convinta che se fossi stata uomo tante cose spiacevoli non mi sarebbero mai successe.
Penso a loro quando l’altra parte di me s’impone danzando.
C’è tanto da fare per combattere la cultura machista e io, come loro, ho deciso di arruolarmi.
Come loro ho scelto di credere a Zenone: Achille non raggiungerà mai la tartaruga.

A tutte le mine disinnescate.

Delia Cardinale

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