Un plotone che potrebbe scoperchiare il cielo
Sembra solo per me l’aria, nella casa vuota.
Fuori frenesia d’asfalto, voci, anti-furti, passi svelti. Un mondo di gomma e metallo.
A piccoli sorsi bevo il mio caffè, con tutta la calma possibile, sapendo di avere mille cose da fare. Oggi è mercoledì e non ho nessun appuntamento.
M’illudo di organizzare una festa, per questo sono indaffarata. Inviti, stuzzichini, festoni, dolci, champagne…bastano le sedie? E le olive? No perché vorrei che alla mia festa venissero in sei miliardi.
E direi a tutta l’umanità in lingua babelica o esperanto che è davvero una bellissima giornata. Magia della condivisione. Molti si chiederebbero chi è che compie gli anni: un pascià, un esponente della politica internazionale, il figlio illegittimo di Bill Gates o qualche star di Hollywood… e si guarderebbero intorno col blocchetto in mano. No. C’è una personcina, tra mille altre, che ha vinto una guerra personalissima e vorrebbe festeggiare il suo piccolo trionfo col mondo intero. Sarebbe bello se ogni volta che qualcuno supera un brutta periodo, una malattia o un vizio, tutti lo sapessero, tutti alzassero un calice di cognac o succo di papaya. Allora non crederemmo più il genere umano perduto. Invece di contare i morti alla tv perchè non contiamo i sopravvissuti? Chi si è perso e ritrovato? La società del benessere produce martiri di cui non si sa nulla solo perchè hanno salvato se stessi e non qualcun’altro. Nobilissimo l’altruismo, ma anche il volersi bene, considerando che alla base di ogni gesto di autentica generosità c’è la grandezza interiore del benefattore. Altrimenti ogni azione umanitaria si riduce a mero narcisismo, motivo di vanto come un freddo diamante strappato alla terra e poi limato, stuprato per far spalancare gli occhi all’ammirazione-invidia di chi non può permetterselo. Voglio vedere il primo goal di un bambino dopo la guarigione, il vincitore delle para-olimpiadi, un innominato convertito, il papa che dice la verità..ascoltare quell’amica di mia madre che nonosante l’artrite reumatoide deformante e la sedia a rotelle ha una fede che commuove…e quella ragazza storpia in India che strisciava verso la macchina fotografica di Claudio, mentre tutti la prendevano in giro, solo per regalare all’obiettivo il sorriso più bello del mondo…e mio zio che ha smesso di fumare? E le donne che hanno il coraggio di denunciare violenze domestiche? Chi disconosce il fanatismo religioso, chi dedica la sua vita agli animali, chi annega i pregiudizi…chi cambia idea. Ci dovrebbe essere un evento mondiale per ogni miracolo umano, per ogni cambiamento che avvicina alla beatitudine. C’è ancora un principio di natura immanente-spirituale-filosofico-istintivo che ci accomuna. Non è bene, nè male…ma credo che porti ad uno stato di quiete quasi divino. Forse proprio affrontando la parte più oscura di se stessi, un grande dolore o un sacrificio immenso si arriva a quel principio. Perchè non celebrare chi lo intravede? Perché non dire a tutti che c’è una speranza?
Chi sono gli eroi veramente? Forse tutti e nessuno. Forse chi si sveglia dal coma omologante di una realtà fittizia, recuperando se stesso e insieme l’alterità all’insegna di valori innati lasciati a marcire nell’oblio, seguendoli poi decide di fare qualcosa di diverso. Piccolo o grande non fa differenza. L’anoressica che mangia un pezzo di torta o una volontaria della croce rossa che va in Congo. Forse sono la stessa persona presa in tempi diversi. O forse no, ma non è così importante. Il punto è imparare ad amarsi per amare. Dietro ogni impresa c’è sempre una grande fatica: un progetto, prima uno schizzo e prima ancora un foglio bianco. Il foglio bianco è la vita in sè, il progetto l’individuo, ciò che materialmente quel progetto diventa è l’alterità. Senza curare nei minimi dettagli il progetto, l’impresa è negata o distorta. Tutte le città, visibili e invisibili,piccole e grandi come un gigantesco coro gospel che celebra la parte migliore dell’umano: questo vorrei. E immagino un grande falò sulla spiaggia di Mombasa, o milioni di lanterne nei sobborghi di Pechino, Parigi vestita di bianco, la California di rosso, un Quebec disordinato dalla gioia, Berlino che grida, Antananarivo più sfolgorante che mai, Kyoto serenissima, gli aquiloni di Kabul senza spari, Istanbul più frenetica, mille sorrisi a Nuova Delhi, carnevali d’inverno a Rio, flamenco a Siviglia e tango a Buenos Aires… Solo per un piccolo naufrago emerso dal gorgo di se stesso, Pronto a cambiare il mondo o deodorante, in ogni caso oltre il discrimine del malessere, alla conquista dell’isola-continente-serenità che resisterà a tutte le future tempeste. E allora se ce la fanno a Melbourne perchè non a Bari? Se sul Capo di Buona speranza qualcuno si redime fatemelo sapere che devo comprare champagne, tasche permettendo. Basterebbe anche un salto-festone-palloncino. Applausi per chi ha finito la fisioterapia e per chi smette di prendere xanax, applausi per quel torero che non ha voluto uccidere e per chi ha dovuto finire il cammino di Santiago per trovare la pace. Bisogno generale di scrollarsi di dosso pesi, malattie, ossessioni e paure per scoprire un qualche tipo di consapevolezza e verità. Schiere d’individui che nonostante la globalizzazione s’ignorano a vicenda. Plotoni che potrebbero scoperchiare il cielo e magari cambiarlo davvero il mondo. Poco a poco, dal dentifricio ai mattatoi, dal nucleare alle tele-comunicazioni, dai pregiudizi al mutuo per la casa. Chissà forse saltando tutti insieme si può ribaltare la Terra. Utopica immagine di pacifica insurrezione individuale e collettiva.
Bevo il caffè e penso che a Brighton qualcuno la pensa come me e vorrei stringergli la mano. Bevo il caffè e immagino che in Vietnam c’è chi ha cicatrici identiche alle mie, stesse velleità, stessi furori. Bevo il caffè sapendo di essere un essere microscopico e ci sono dei grandi profeti là fuori, magari sotto casa mia a distribuire volantini. E qualcuno ascolta veramente la gente e sa del generale desiderio di riscatto dell’uomo che vuole essere libero. Libero come deve essere un uomo. E c’è tutto un sistema da riscrivere, qualche principio-persona da uccidere perchè nuoce all’umanità. Come in ogni specie, come natura comanda. Il caffè è finito, ma resta l’amaro. Come dopo ogni riflessione universale che si scontra col particolare: tigre del Bengala che sfrega il muso sulle sbarre di una gabbia circense, a Londra.
© Delia Cardinale
C’è ancora un principio di natura immanente-spirituale-filosofico-istintivo che ci accomuna. Non è bene, né male…ma credo che porti ad uno stato di quiete quasi divino. Forse proprio affrontando la parte più oscura di se stessi, un grande dolore o un sacrificio immenso si arriva a quel principio. Perché non celebrare chi lo intravede? Perché non dire a tutti che c’è una speranza?