Neanche questa notte il mare è stato generoso.

Il vecchio pescatore smaglia le reti sulla spiaggia di San Cataldo.

“Maledetta tramontana” sussurra in cuore al mattino inoltrato. Lo slavo trascina il piccolo peschereccio sulla battigia, senza parole. Il lamento dell’argano arrugginito fa eco ai gabbiani che turbinano tutt’intorno, esigendo gli scarti del magro pescato. Le braccia muscolose dello slavo issano La Marianna all’asciutto. Poi il giovane riempie un secchio di cicale, cefali e salpe e si allontana canticchiando sconce canzonette dei suoi Balcani.

Il vecchio resta solo con i gabbiani.

Pensa che le verdesche hanno annodato anche i terminali del palamito. Alcuni sono spezzati e vanno rifatti. Il volto del pescatore è scuro e rugoso, le sue mani esperte ruvide di vento e fatica. Ha un’età indefinibile, come di edifici diroccati lasciati alle intemperie.

Mentre le dita veloci e i denti ingialliti lavorano a nodi intricatissimi ecco che lungo il fianco della Marianna sfreccia un biru-biru.

“c’è qualcosa per i miei pulcini?”chiede umilmente, da terra.

Il vecchio guarda il piccolo uccello e risponde con amarezza:

“Il mare è peggio delle donne: è più quello che toglie di quello che da…”

“E perchè allora tuttii gli uomini cercano una donna?”

“Per lo stesso motivo che spinge le barche a prendere il largo anche se il mare è cattivo” dice sorridendo il pescatore.

“E ne vale la pena?” il biru-biru sgrana gli occhi stupito.

“Ad un certo punto non è più una scelta… e poi non lo sai che solo soffrendo gli uomini si sentono vivi?”

“Siete animali strani…” dice la piccola creatura, sforzandosi di capire…

“Uno sceglie una donna per non parlare da solo e perchè cucini. E va benissimo così. Poi la donna diventa come la colazione che prepara:una specie di sana abitudine. Col tempo diventa il pranzo:essenziale alla sopravvivenza. Poi si fa cena: a volte la si salta per non appesantirsi..”

“Io mangio una sola volta al giorno amico mio…e sono fortunato se ci riesco!” ribatte il biru-biru senza comprendere la metafora..

“Sai che non mangio più durante il giorno?” afferma il vecchio

“Perchè?” il biru-biru è sempre più confuso

“Da quando mia moglie non c’è più mangio solo a cena: come per l’ultimo pasto della giornata così per l’ultimo periodo della sua vita non ho apprezzato fino in fondo quello che avevo… per questo scelgo l’inedia fino a sera e apparecchio per due…”

Il vecchio pescatore guarda il biru-biru pensando che ha smesso di ascoltarlo per correre intorno alle reti. Ha fame e deve pensare ai piccoli. Anche lui ha i suoi dolori dopotutto, non avrà mai il volo e le capacità venatorie del gabbiano o del cormorano: la sua forza è nelle piccole zampette e la sua fortuna negli scarti di qualcun altro. Guarda sempre verso il nido perchè e nascosto tra i gigli di mare: non sa raggiungere, con quelle ali fragilissime, le altezze sicure della scogliera. Ne avrà persi di figli, di mogli…ma non si scoraggia, accetta la sua natura seguendo l’istinto. L’uomo ammira il coraggio dell’animale. Per questo prende una grossa cicala dal secchio per dargliela.

“Grazie, amico mio…”esclama commosso il biru-biru che in realtà aveva ascoltato tutte le parole del vecchio. “Come si chiamava tua moglie?” chiede prima di prendere col becco il bottino.

“Marianna..”risponde l’uomo col cuore gonfio di nostalgia.

“Oggi è l’ultimo giorno di tramontana.” afferma il piccolo volatile prima di correre velocissimo verso il suo nido.

Delia Cardinale

 

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