Non ero sola
E non ero sola:
dolce degrado dell’altura,
incerto il passo-
lame e roveti-
e la tua mano tesa
per le mie ginocchia
morse-
tagliole e cilicio-
lungo l’insidia dell’erta,
tane di vipere
nelle orbite vuote
della mia terra.
E non ero sola:
le tue scarpe al secondo piano
e quel lungo braccio,
di morte e rinascita
inondato,
bianco- tutto e
nulla-
ed erì lì,
chiave di volta
all’arco temulo
della mia schiena tesa
a tutto sesto.
Nelle tristi dispense
di una ritrosia innaturale
il pane dei giorni.
E non ero sola,
in nessun luogo,
mai.
Neanche nella lunga attesa
di quel tuo risveglio.
Angusta la gabbia d’oro
del tuo proteggermi
senza posa-
stretti ali e torace-
nel grido feroce
della mia cenere
ancora infertile.
L’uccello di fuoco-
energia potenziale
tra le ossa-
ti ammirava
sputandoti addosso
tutti i martirii.
Non ero sola
sui muri e in contumacia,
tra i fogli immacolati
di un’espressione
contraria e sospesa:
zolla mossa dal vomere
che, pur amando il seme,
non sa sbriciolarsi.
Funambolico sentire
nei tuoi palmi,
perduta Atlantide
soavemente razziata:
questa mia ciurma di miseri
demoni nel tuo paradiso
infernale-
macerie e biancospini-
a grattare con le unghia
il marmo sporco
dei tuoi templi santi
e immondi-
ed eri lì,
nel riflesso di tutti
gli specchi
in cui non ho più osato
guardare.
Delia Cardinale