Nostra Signora della Follia
L’essere selettivo e incontrovertibile di quest’anima carnivora: imbuto di cemento col cappello del giullare, la faretra del giustiziere e il cilicio dei martiri.
In bilico tra una crisi serotoninergica e il nirvana. Aiace e Ghandi in corpo di donna.
E lei ridendo piangeva, di un sole notturno, d’alpaca e organza. Come i cattivi dei fumetti e l’Innominato.
Tra litemia e immunoglobuline e camice di forza: catene, convenzioni…e ora che è fuori si sente in quarantena, attacca il tessuto necrotico del comune buonsenso.
Perchè l’hanno rinchiusa?-si chiede. C’è più pazzia nelle strade che nei manicomi.
Avrà pure riso d’isteria nel sonno ferendosi con le unghia, eppure mai ha dimenticato il rispetto.
A volte lo faceva qualcuno, nelle carceri della mente, ma non l’avrebbe mai scelto consapevolmente. C’era il perdono più puro e spontaneo, nella follia.
Ma fuori…fuori l’indifferenza è un’offesa all’umanità. Lei chiede solo ai bambini cosa ne pensano e viene presa a calci dai genitori. Tutta la frivolezza, i meccanismi sovrastrutturali, l’artificio e legami viziati, parole vacanti, la codardia che porta all’agio e non al vero. È inconcepibile-pensa.
Lei atterra il suo mostro, ogni giorno, ogni giorno.
Anche un tempo, da ragazza, buttava via le lame e in quel buio più buio della mezzanotte aveva il pensiero di riporre i taglienti in scatole di scarpe: “che l’operaio della nettezza urbana non si ferisca col mio dolore”-sussurrava.
Il dolore…attraversato calpestato respinto, poi sposato e accettato: unico compagno davvero fedele e giusto.
La disgusta questa tentacolare superficialità che ha sepolto la bellezza, quella vera, semplice, pulita, che commuove.
E l’hanno vista nuda al chiaro di luna aspettare il trionfo della belladinotte…
“è pazza!”-dicevano.
Come quando saluta la gente senza conoscerla o cammina scalza nei giardi pubblici : “è pazza!”
Lei aveva solo scoperto un segreto, pagandone il fìo con la solitudine.
Libera, in qualche modo, da un vizio…aveva solo cominciato ad amare la vita, a dare davvero spazio al Non-Inferno nell’Inferno…e farlo durare.
Non ha più paura del dolore, adesso. L’ha resa migliore come l’innesto che deforma per correggere.
Ad ogni corcevia lei prova a parlare, ma non l’ascolta nessuno.
Ha ancora tanti muri da abbattere e spera davvero, dopo quei muti secoli in silenzio, di riuscire a comunicare: ha così tanto da dire…
Delia Cardinale