Wyeth Andrew – Wind from the sea
Wyeth Andrew – Wind from the sea

Ora tutto in armonia con questo silenzio, questo vuoto e l’irrealtà dell’ora mattutina. Restando un attimo a guardare le lunghe finestre scintillanti e il pennacchio di fumo azzurro, pensò che a volte capitava che le cose prendessero quell’aspetto lì, che diventassero irreali. Tornando ad esempio da un viaggio, o dopo una malattia, prima che l’abitudine veloce abbia filato la sua tela sulla superficie delle cose, si provava quello stesso senso di irrealtà, che era così allarmante. Si sentiva qualcosa che emergeva. La vita si faceva più vivida. E ci si sentiva sicuri. Grazie al cielo, non si doveva più dire, alla svelta, traversando il prato per salutare la vecchia signora Beckwith, che era appena uscita a cercarsi un angolo dove sedere, “ Buongiorno, signora Beckwith! Che bella giornata! Sarà così coraggiosa da mettersi al sole? Jasper ha nascosto le sedie. Aspetti, gliene trovo una!”, e tutto il resto delle solite chiacchiere. Non c’era bisogno di parlare. Si scioglievano le vele, e si scivolava (c’era molto movimento nel porto, molte barche in partenza) tra le cose, oltre le cose. Vuoto non era, ma pieno fino all’orlo. Le sembrava di stare immersa in qualche sostanza, di muoversi, galleggiare, affondare in una massa d’acqua d’una profondità insondabile. Molte vite vi s’erano versate. Quelle dei Ramsay, dei figli, ogni specie di cose e di oggetti dispersi. Una lavandaia col suo cesto, un corvo, un tizzone di fuoco, i viola e i grigio-verdi di certi fiori, un sentimento comune che teneva tutto l’insieme.

[…]

tratto da Al Faro (To the Lighthouse)


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