Gerusalemme, per Gaza
GERUSALEMME, PER GAZA
Amara terra immemore, sfumano nel gorgo dei secoli le tue arcane origini.
Schiere di pretendenti insanguinati, proni sul tuo grembo pietroso. Dai Gebusei al piccolo Davide inorgoglito e Salomone che ti fece regina fino alla schiavitù in Babilonia.
Macedone, egizia, ebraica.
Città Santa. Città maledetta.
Scese perfino Cristo dalla croce del Golgota e Roma ti asservì al Grande Impero, ornando le tue vie lastricate di nuovi altari.
Persiani, selgiudichi, mamelucchi e ottomani.
Madre di tre fedi, trapunta di templi e macerie.
Israele che t’anela come l’Islam, spente le Crociate con la razzia.
Per credo e profezia, divisa, contesa e languente.
T’avessi vista indossare tutte le bandiere, ed entrare in tutte le chiese. Ma è superbo l’animo dei tuoi amanti, che per un solo talamo seminano morte e discordia.
Ti vorrei oasi di pace: sulla tua pelle arsa e lucente menorah, croce e mezzaluna.
Eppure l’anatema ti devasta e l’umana ferocia incide profonde rughe di sofferenza sul tuo volto millenario.
Ascolta, profanata tomba dello spirito, l’orchestra d’organi, mizmar e shofàr: come può un solo strumento rendere l’armonia dell’insieme?
Costruiranno moschee, sinagoghe e cattedrali su una stessa tua via?
Cosa c’ insegnano dopotutto le tue fondamenta leggendarie e tutte le religioni?
Basteranno martiri e preghiere?
Quanto sangue ancora ti bagnerà la fronte?
Ecate di porpora, un tempo schiva ninfa dei boschi, ti vedo tremare ancora, dopo più di duemila anni.
I pellegrini imbracciano kalasnikov lungo fili spinati che t’offendono.
Città scarnificata, capovolta, irrisa.
Nelle tue segrete il Purgatorio attende gli eserciti: che tu possa finalmente abbracciare la libertà.
Per Gaza, soprattutto per Gaza… per tutte le terre, per tutti i popoli…
sei il simbolo di una speranza che non vuole morire.
Delia Cardinale