A testa alta
Ho dovuto leggere più di una volta. Tornavo su quelle parole alla ricerca di un significato recondito, un passaggio che mi sfuggisse.
Niente.
È proprio così.
L’Europa ci ammonisce di salvare troppa gente dalle grinfie del mare, anche quando non dovrebbe competerci.
Sì, insomma, la logica è questa: se un tizio ha un infarto a casa tua ti tocca chiamare il 118, ma se vedi che accade in mezzo alla strada, beh, che ci pensasse il vigile urbano quando passa e se ne accorge. Se passa.
Quella frase – non necessaria né conveniente sotto il profilo dei costi – mi fa rabbrividire.
Il solo fatto che si quantifichi la convenienza di una o più vite umane è una cosa che faccio fatica a concepire. Poi c’è quell’altra parola: “necessaria”.
In base a quale concetto stabilite se salvare delle vite è o meno necessario?
Faccio fatica a comprenderlo. Ci sto pensando da quando ho letto quell’articolo, lo guardo da tutte le angolazioni, chissà che ruotando la pagina di 90° usando le funzioni del browser non si riesca a vedere qualcosa in più, il ragionamento che c’è dietro questo calcolo così freddo e cinico.
C’è una sola cosa positiva, osservando la faccenda nel suo complesso, una ben magra consolazione di fronte all’enormità di questa indifferenza e alla tragedia di trecento morti, gli ennesimi: oggi, per la prima volta dopo tanto tempo, mi sono sentito orgoglioso di essere italiano. Ho ricordato di appartenere a un popolo che non è solo la vomitevole arroganza di Salvini, né la codardia approssimativa di Schettino. Non è solo la pancia piena dei nostri politici e la disonestà mafiosa.
E poco importa se poi qualcuno commenterà la notizia con la solita, scontata affermazione: “pensassero a salvare gli italiani che muoiono di fame”. Poco importa tutto quest’odio represso e continuamente vomitato – da pance evidentemente mai abbastanza vuote – sulle comode tastiere virtuali degli iPad comprati a rate, indebitandosi fino al collo per cinque anni. La realtà è che quando siamo sul fronte, noi, siamo i pescatori di Lampedusa, quelli che la tragedia la vedono con i propri occhi e non sul display retina; siamo gli uomini della marina, quelli che non abbandonano la nave. Quando siamo davanti alla crudezza della realtà, quella spietata, dolorosa, siamo ancora capaci di tirar fuori quello che ci ha fatto grandi.
Testo e foto di Manlio Ranieri
A testa alta diManlio Ranieri è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 4.0 Internazionale.
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