“Incorrere umorale”
La natura leggendaria del passaggio a nord-ovest e un’America distopica: effimera mela di cera sciolta dal tergo di una fiamma difettosa.
Il colisa lalia dopo una perdita, ospite delicato nel regno del diavolo.
Quanto un cuore di tenebra possa ricalcare la ferocia del betta splendens lo sanno solo i miei occhi al dettaglio.
Senza riciclare nessuna immagine sull’ennesimo colpo di coda del fato.
Sdegno dei margini che rende tangibile il point break: dalla prima smorfia di un’onda qualunque dell’immenso oceano. Un lungo istante di riflessione, nella fortezza della solitudine, tra la frivolezza esteriore di vino e tabacco. Quest’onta come le forche caudine per il Grande Impero. Il resto è storia inevitabile. Eppure non conosco che le armi della mia ragione. Nessuna risoluzione strategica per un graffio sull’armatura. A qualcuno si spezzeranno le unghia sulla quiete dei miei organi interni. Sacrificio di lanterne cinesi che non volano e risate: due carezze sulla collera. È sempre solo un attimo di cecità furibonda: i cento gradi prima dell’evaporazione, poi una leggerezza aerea da fumo di sigaretta.
Già altrove.
Nello zaino qualche oggetto in più e di fronte una strada da percorrere. Fermarsi solo per ammirare il paesaggio e scrivere due righe al sensismo.
Non aspetto nessuno che mi prenda la mano. Seguo una bussola senz’ago e le stelle, le stelle lontane.
“Il corpo compie il viaggio, ma non è il viaggiatore” [A. Biason]
Delia Cardinale