What’s the story? Love will tear us apart
Il 28 aprile del 1980, i Joy Division registrano il video di “Love will tear us apart”, al TJ Davidson’s studio. Dopo poche settimane, il frontman e paroliere del gruppo di Macclesfield si toglierà la vita nella sua casa di Barton street. Sarà la moglie Deborah a ritrovare il corpo, appeso ad una rastrelliera della cucina e sarà sempre lei a raccontare in “Touching from a distance” di essere stata la musa ispiratrice, suo malgrado, di “Love will tear us apart”.
Canzone nella quale si condensa, parola per parola, il dolore per la resa obbligata di fronte ad un matrimonio evidentemente finito. Ian era ad un bivio, da una parte Deborah e dall’altra Annik Honorè, la giornalista belga (morta di cancro nel 2014) con la quale aveva una relazione “platonica”, così come l’ha sempre descritta lei nelle poche interviste che ha rilasciato. Dopotutto lui era sposato, sebbene si concedesse qualche scappatella a sentire Peter Hook nel suo “Joy Division, tutta la storia”. Questo spiegherebbe la leggenda metropolitana che vorrebbe la scritta “Ian C” incisa sulla porta e primo fotogramma del videoclip, come l’incipit dello sproloquio di una sua ex ragazza, poi cancellato. Nel filmato Ian suona per la prima volta la sua Vox Phantom che non era prevista nella prima stesura del pezzo. Sfiora con le labbra il microfono, come se lo baciasse. Peter Hook racconta: “Era un pezzo che avevamo scritto durante le prove da T.J. io avevo il riff, Steve ci aveva costruito attorno le parti di batteria e Ian aveva biascicato qualche parola, dicendo che sarebbe andato a casa a scrivere il testo, cosa che poi aveva fatto utilizzando il riff di basso come melodia per il ritornello. Ma Cristo, se avesse scritto quel pezzo su di me, mi si sarebbe spezzato il cuore. Non so di chi parlasse, non gliel’ho mai chiesto. Ma chiunque abbia fatto da ispirazione, si meriterebbe un assegno”.
Non si conosce la verità, non possiamo riavvolgere i nastri dei pensieri di Ian quando, rinchiuso nella sua stanzetta azzurra di un ordinario agosto inglese del 1979, ha scritto quella che per molti è considerata la canzone-manifesto del gruppo. Ma guardandoci indietro ci sembra di vederlo, stretto nel lungo cappotto nero con il bavaro alzato e la sigaretta in bocca, mentre realizza che tutto quello che riesce a fare è restare immobile a fissare il fiume in piena che travolgeva la sua vita. Del resto, Ian Curtis viene descritto come accomodante, tanto da non riuscire a prendere decisioni. Ma anche questo non lo sapremo mai, quando si parla di artisti come lui è difficile capire quello che di autentico resti sepolto sotto strati di leggende, aneddoti e racconti. Forse per comprenderlo meglio basta solo ascoltare le sue poesie musicate.
https://www.youtube.com/watch?v=zuuObGsB0No
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