Il castello errante
L’avessi scelto davvero quest’animale, come Howl Calcifer e il suo castello errante. Allora non avrei paura di Suliman o della Strega delle Lande. E’ come sempre un’utopia anacronistica: cyborg a vapore, biciclette volanti e cavalli meccanici. Sophie non poteva parlare del suo maleficio, ma continuava a confezionare cappelli. E fu sera e fu mattina: l’inchiostro si consuma nei refusi, per raffinarsi forse, come greggio nelle industri di una qualche città incantata. Trasportando carbone alla fornace con gli spiriti della fuliggine: le mani nere di collera e fantasia,
Parole in criogenesi, catatonia espressiva e pensiero ricorsivo. Un sentire fotonico che nessun Heisenberg può rappresentare: bisogna essere quanti di luce oltre la fisica del visibile e insieme al di quà : onda e particella. Dopotutto chi mai ci crederebbe che carciofo e margherita fanno parte della stessa famiglia?
Bave di vuoto dal soffitto, antichi numi al kerosene e migliaia di espressioni con le graffe. Lucida come i vetri di un ufficio, ma la mente elettrica moltiplica circuiti concentrici verso una caotica densità da stella di neutroni.
E c’è sempre stato un poco di tutto, mi sembrava… avessi studiato prima il libro di chimica e seguito le istruzioni di montaggio… sarei qui come una farfalla al corso per rondine? Mi è sempre piaciuto viaggiare, ma il mio giorno di vita è troppo breve.
Avrei voluto essere un piccolo gigante, per te, continuare a raccontarti storie prima di dormire. Tutto troppo piccolo o troppo grande: Alice e le pozioni sbagliate a quel paese delle stoviglie.
C’è un ampolla dorata per me sulla luna, e una tazza di tè. Si spezza l’unghia dell’anulare, una punta di matita, la dura madre, atri e ventricoli. Non vedrò mai i fiori bianchi di quel mandorlo reciso per sbaglio.
Tutte le implicazioni del bisogno e la filosofia degli animali a guscio.
Che tu possa volare alto, dove io non so arrivare.
Delia Cardinale