Ci avete fatto caso che quando si fa trekking o si percorre una strada magari di campagna in bici ci si saluta anche se non ci si conosce?

Questo capita pure se per caso ci si incontra casualmente in una città straniera, magari nel tuo paese e nella tua città si fa finta di non vedere, di non riconoscere mentre fuori dalla consuetudine è il senso dell’appartenenza che ci porta a salutarci.

Se ci sentiamo isolati e ci riconosciamo ci salutiamo, in città il senso di appartenenza viene meno perché siamo tanti e magari apparteniamo di meno. C’è da riflettere. 

Paure su paure ci dividono dagli esseri umani.

Paure non meno grandi della paura di essere di fatto soli, senza confronti da vivere.

Perché la diversità spaventa così tanto, perché non ci arricchiamo della sua molteplicità di sfumature?

Dovremmo tutti fare uno sforzo di comunicazione e non sempre e solo per descrivere noi stessi ma per scoprire l’altro, gli altri. Capiremo che sarà più facile esprimere noi stessi, sarà meno noioso, più creativo, più profondo.

Esiste una pigrizia mentale e fisica che condiziona la vita, i rapporti, l’economia, le scelte, le emozioni.

Ieri ho conosciuto un papà che ha portato i suoi bambini di undici e di nove anni ad una escursione in mountain bike, abbastanza impegnativa, un percorso su sterrato e su strada di circa 30 chilometri nell’affascinate e da scoprire Parco dell’alta Murgia. Sono stati bravissimi, non si sono mai lamentanti, comunicavano con gli adulti. Ne sono rimasta felicemente impressionata.

Ho pensato a coloro che vanno in vacanza nei villaggi organizzati  solo perché hanno dei bambini. Tutte scuse. Hanno pochi stimoli, poca voglia, scelgono come in tanti, come in troppi, la via più semplice e triste.

 

Testo e fotografia di Annalisa Falcicchio

 

 

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