Ridurre i consumi.
Accettare di pagare qualcosa in più per guadagnarci in qualità del prodotto e del lavoro di chi ce l’ha confezionato.
Consumare meno, consumare meglio.
Un tempo si diceva: lavorare meno, lavorare tutti. Ce ne siamo dimenticati, forse perché nessuno è disposto – oltre che a lavorare meno – anche a limare un po’ i propri introiti e, di conseguenza, a rinunciare a qualcosa di cui non si sarebbe mai accorto di aver bisogno se non gliel’avesse detto qualcuno, suggerito l’attrice o il calciatore del momento o magari un jingle irresistibile.
Prediligere l’artigianato alla grande industria perché, se non è scontato che artigianale sia sinonimo di qualità, è comunque vero che qualità e genuinità non potranno mai, per natura, sposarsi con le produzioni massive.
Siamo arrivati a far diventare di moda la filosofia vegana, a costruirvi attorno un’industria – senza neanche chiederci quali enormi danni ambientali potrebbero causare le produzioni massificate di oli e grassi vegetali – perché non ci siamo mai resi conto che il nostro livello di consumi non avrebbe mai potuto reggere un corretto rapporto di equilibrio fra l’uomo e il mondo animale.
Prediligere le cose fatte in casa, a volte persino sacrificare una carriera professionale – perché no, anche una maschile, chi l’ha detto che dovrebbe essere necessariamente la donna a farlo? – per ritagliarsi lo spazio e il tempo necessario a recuperare il controllo di ciò che si consuma.
Lavorare meno, lavorare tutti, perché se rinunciamo a qualche impegno lavorativo e dedichiamo quel tempo recuperato a produrre qualcosa destinato al nostro stesso consumo – piuttosto che comprare prodotti industriali – o al riutilizzo e al riciclo potremmo accorgerci che il mancato guadagno viene compensato dalla mancata spesa.
Sporchiamoci le mani.
Usciamo dalle case, dai salotti confortevoli, dalle automobili ingombranti e prepotenti che ci servono solo per guidare nel traffico congestionato della città e che poi non sappiamo dove parcheggiare; usciamo persino dalle piazze virtuali.
Smettete di leggere questo articolo, spegnete il telefono o il tablet che state usando per farlo. Non vi chiedo neanche di pensare ai bambini che hanno scavato a mani nude per estrarre i minerali che sono serviti a fabbricarne i circuiti, in qualche posto remoto di questa stessa Terra.
Usatelo due ore di meno al giorno, piuttosto, e domani potreste non dover aver bisogno di cambiarlo col nuovo modello appena uscito, che vi costa quanto un intero stipendio, e di cui saprete sfruttare il 20% delle potenzialità.
Tanto vi servirà sempre e soltanto per controllare le notifiche di Facebook, leggere i messaggi su Whatsapp, guardare i video su Youtube e ricercare qualche notizia su Google.
Il capitalismo sfrenato non lo ostacoleremo con nessuna rivoluzione, nessuno slogan, nessun referendum, neanche con il voto che daremo alle prossime elezioni. Lo ridimensioneremo solo con le nostre azioni.
Oppure teniamoci le banche, i governi tecnici, l’austerity imposta dall’alto.
E smettiamola di lamentarci, però, per favore.
Perché la coerenza è un valore importante.

Testo e fotografia di Manlio Ranieri

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Sporchiamoci le mani di Manlio Ranieri è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
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