Sant’Andrea
Quando sei sbarcato non potevi sapere dov’eri.
Per te quel luogo, quello scoglio isolato – con sopra un faro e nient’altro – era Italia: non c’era alcun dettaglio che t’importasse, se non questo. Era la terra, sebbene ispida e rocciosa, tanto più rassicurante rispetto al movimento ritmico e impetuoso del mare su cui avevi appena trascorso due giorni e due notti, quasi alla deriva, sballottato dalle onde neanche foste a gennaio. E invece era agosto. E quel posto era l’isola di Sant’Andrea, appena al largo di Gallipoli: uno dei posti più animati di turismo di tutta la nazione.
Quando sono venuti a prenderti da lì eri infreddolito, nonostante il sole fosse già alto sull’orizzonte e fosse diventato bollente. Eri intirizzito dalla notte esposta alle intemperie del mare aperto, dalla paura di non farcela quando l’uomo scorbutico che vi aveva trasportati fin là ti ha costretto a tuffarti in quella massa d’acqua ancora nera e ribollente indicandoti sommariamente la direzione verso la quale riuscivi a scorgere una luce intermittente. In lontananza, dei suoni martellanti e indecifrabili – non potevi sapere che si trattasse di quella che alcuni giovani chiamano musica – ti guidavano verso la vita.
Ti hanno prelevato dall’isolotto insieme ai tuoi compagni di viaggio e vi hanno portati sulla costa, facendovi sbarcare in una zona poco affollata. Nonostante questo, c’erano comunque un certo numero di occhi – alcuni indifferenti, alcuni incuriositi – che osservavano la vostra processione di stanchezze e speranze da sotto gli ombrelloni.
E c’era un uomo dalla pelle scura come la tua, che ti ha donato un miraggio di fiducia nel vedere che lui – almeno lui – sorrideva e scherzava con un gruppo di ragazzini che gli erano intorno, tutti intenti a scegliere la cover con la scritta “Mai una gioia” per gli smartphone ipertecnologici che i rispettivi genitori avevano comprato loro, per supplire con beni materiali al vuoto di cui li circondavano.
Non potevi sapere cosa volesse dire quella scritta bianca su fondo nero che campeggiava su quei gusci di silicone, ma non te ne importava nulla: per te, in quel momento, essere lì era una gioia. O, almeno, un raggio di luce.
(Nella notte fra l’11 e il 12 agosto 2016, 55 migranti sono stati abbandonati nei pressi dell’isola di Sant’Andrea, a Gallipoli, mentre sulla riva le discoteche erano piene di ragazzi)
Testo e foto di Manlio Ranieri
Sant’Andrea di Manlio Ranieri è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso maulis@libero.it.
oppure puoi acquistare i libri o gli eBook di Manlio Ranieri dal sito Feltrinelli direttamente da questo link usufruendo delle offerte in corso: