Categorie del pensiero medio-borghese (semplificazione)

Siamo al diciannove di Dicembre, manca poco al Natale. Lo spirito natalizio vive nei nostri condominii e tiene accese le luci dei nostri presepi. Il Natale, come ogni festa, porta doni diversi a seconda della nostra estrazione sociale, quanta gente c’è che è assolutamente entusiasta di comprare i regali per i propri cari, avendone sicuramente moneta per farlo, e quanta gente invece strilla alla sola idea che il Natale è una festa. Per quanto riguarda i credenti la festa Natalizia è un’occasione per celebrare i propri Idoli, per inumidire le sciarpe ed i cappotti comprati da poco, dell’incenso tossico tipico delle messe solenni; escono poi soddisfatti dalla celebrazione intessendo le lodi del parroco e della sua notevole capacità oratoria. E’ arrivato sulla terra il figlioletto di Dio, non perdiamo l’occasione per salutarlo e per farci vedere in ciò orgogliosi da chi ci giudica dall’esterno. Per chi ha una fede cattolica, il natale è un problema soprattutto dello spirito, dell’essere più buoni, in un certo senso questa festa, vissuta da chi crede in un reale venuta in terra del Creatore, è vista più autenticamente rispetto a chi non crede, proprio perché confida più nella parte spirituale che in quella medio-borghese dei panettoni e delle super abbuffate. Veniamo ora all’analisi di questa categoria appena menzionata. Il calendario di chi non crede oppure di chi crede ma soltanto per l’occasione (come quelli che seguono il calcio quando gioca la nazionale) va visto come una tavola grigia e senza colori, che il 25 si illumina improvvisamente, senza il loro volere. Questi ultimi partecipano della luce che emana dal Cristo in terra senza pagarne le conseguenze e senza prendere l’ostia. La categoria dei finto credenti medio-borghesi succhia il sangue alle anziane che recitano in maniera esattamente identica il messale del parroco inferocito. Penso che il Natale che qui mi interessa spiegare è proprio questo medio-borghese. Esso ha in sé una precisa struttura ed etimologia che va ricercata nell’atteggiamento generale dell’essere umano davanti alle cose (se avete visto Benvenuti in casa Gori oppure Parenti Serpenti avete un esempio a portata di mano). Il Natale medio-borghese è una faccia da sempre sorridente che aspetta senza una minima alterazione della sua espressione la festa a rosso sul calendario. Sono come dei vampiri. Il medio-borghese (credente non praticante) in pratica aspetta le luminarie e nient altro. Definiamo la struttura interna della persona medio-borghese. Ho detto sopra che il medio-borghese rispecchia un po’ l’atteggiamento generale dell’essere umano davanti alle cose, nel senso che la realtà viene violentata (alla maniera della pittura en plein air) e forzata ad avere movimenti che essa non ha. La struttura dell’atteggiamento medio-borghese, perché soltanto di atteggiamento si può parlare quando la realtà è dura come la roccia (quel mondo esterno inarrivabile ed indescrivibile che Wittgenstein definì “il mondo nella sua durezza”) e nonostante le nostre parole essa resta quello che è. Noi però abbiamo a disposizione una realtà fenomenica (questo termine non è inteso filosoficamente) già mediata dalla lente sociale, ma è pur sempre una realtà dura e non corrispondente ai giudizi morbi dei ben pensanti (come quando il papa dice che in questi giorni bisogna chiudere gli occhi e pensare per chi non ha nulla, i più semplici). Ciò detto definiamo la struttura interna del pensiero medio-borghese:

1) Pensiero privato

[Contiene in sé le percezioni vere sulla realtà fenomenica.

Elenco percezioni maggiori: noia, buio, assenza di valore,

freddo, vuoto, nichilismo basico]

2) Maschera sociale

[Contiene in sé gli strumenti infallibili dell’olio di ricino.

 Elenco percezioni aggiunte: colore, movimento, aria ventosa,

 tradimento essenziale del senso di realtà, riso scimmiesco]

3) formazione dell’oggetto

Questa è la struttura che stamattina elaboro per il pensiero medio-borghese (credente non praticante) che con queste categorie dello spirito, quelle appunto che deduciamo analiticamente dalla maschera sociale, forma nuovi oggetti e crea una nuova realtà al di sopra di quella primaria (pur essendo già essa un fenomeno, ovvero un’apparenza del mondo muto della vita). Tramite questo meccanismo si spiega il perché il natale di un non credente è decisamente inferiore a quello di un credente (ma anche questo, almeno per quanto mi riguarda, è insignificante; per il mio ateismo, ma non voglio parlare di religione o di teologia). E’ inferiore perché è una decandenza doppia. La realtà fenomenica sociale, e qui devo fare un esempio per farmi capire, è quella oggettiva dei rapporti di forza (Marx) e si sa che l’economia fa l’uomo, soprattutto sotto le feste, quando c’è da festeggiare. La realtà fenomenica, intrisa di moneta e rapporti lavorativi, è un fatto oggettivo che alle porte di una festa grande come il Natale non si può ignorare; perché essa, facendo l’uomo, ci pone davanti ai nostri limiti. Il limite non è quello della ragione pura (caro Immanuel Kant) ma è quello della ratio economica. Per realtà fenomenica intendo soprattutto quella che si manifesta in oggetti (guarda lo schema sopra) non mediati dalla maschera sociale, Gli oggetti, per parlarci chiaro, sono i debiti, l’affitto, le scadenze (di ogni tipo), le bollette, la natura buia dell’uomo quando non ci sono le percezioni della maschera sociale; come quando usciamo la sera con l’abito nero del nichilismo e sorridiamo grazie alla maschera sociale davanti alla realtà nella sua durezza, sempre quella fenomenica si intende. Gli oggetti della vita moderna, prima che vengano inzuccherati dalle categorie della maschera sociale, ci urlano come dei bambini che hanno fame, non possiamo ignorarli. Il Natale è nella sua essenza, per la categoria medio-borghese (credente non praticante), un tradimento della prole. Mi riferisco alla categoria medio-borghese, perché essa siamo la maggior parte di noi, il medio-borghese è l’uomo moderno e noi viviamo nella modernità. Fare un discorso sulle categorie (almeno in maniera sommaria, lo schema che ho proposto sopra è una semplificazione) che formano i nuovi oggetti della festa natalizia è un discorso sulle persone in generale. Il motivo di questo mio discorso è un chiarimento di carattere generale, anzi, un avviso. Non metto in dubbio che molte persone sono consapevoli di questo tradimento nei confronti della realtà vera delle cose materiali, molti però non lo sono e così fanno un grave errore. L’errore è quello di non considerare giustamente quel nero cattivo che si nasconde sotto gli accidenti dei pranzi in famiglia. Quel nero orribile è nelle nostre vene anche quando nei pub mostriamo gloriosi il nostro nuovo cellulare iper funzionale, è una maledizione non facilmente guaribile. Il Natale, per la maggior parte degli uomini, è entusiasmo montato sulla morte.

Aprile

Dopo questa premessa di carattere generale sul pensiero della maggior parte degli italiani, parlo di Nanni Moretti. Ho voluto introdurre questa considerazione sul famoso regista romano con una lezione sulle categorie del pensiero medio-borghese per due motivi; perché in questi giorni chi più chi meno indossa una maschera sociale, quindi mi è sembrato di dovere fare un avviso, perché il cinema di Moretti è spesso anti borghese (gli esempi abbondano). In realtà non c’è un legame diretto tra la maschera sociale e Aprile, film del 1998, che secondo me rappresenta più che un successo, quanto la summa della nevrosi fino al fallimento. Ma il cinema morettiano è troppo spesso contro le luci della maschera sociale, il legame è abbastanza forte. Nanni Moretti è un regista troppo conosciuto, chi non ha compreso il senso autentico del suo insegnamento, finisce per travisare tutto; quando è uscito Mia Madre, con una Margherita Buy copia sbiadita del Michele Apicella dei bei tempi, molta gente inesperta lo ha ritenuto un film ben riuscito, mi sorprende che chi ha visto i film precedenti lo ritenesse giusto e ben fatto. Mia Madre è un film sbagliato, lento, ridicolo, con una morale medio-borghese dolciastra e che non riesce a riempire i vuoti. Nanni Moretti è conosciuto per le frasi “le parole sono importanti” (Palombella Rossa) o ancora “come sono fatto male” (Ecce Bombo). Piace molto ai radical chic che, oltre ad imitare il vestiario nei colori comunistivaloriali (rosso fuoco, blu scuro, scarpe in pelle di camoscio), rivedono rappresentate sulla scena le nevrosi tipiche dell’uomo moderno: quella igienista di Michele Apicella all’inizio di Bianca, quella valoriale in La Messa è finita, quella artistica in Io sono un Autarchico. La gente di Sinistra ha visto in Moretti un interlocutore efficace nella lotta al vezzo medio-borghese. Strali di giovani disadattati si sono riconosciuti nei grigi appartamenti di Io sono un Autarchico oppure negli stessi protagonisti, finti artistoidi alla ricerca di un senso alle proprie vite provinciali e perché no anche di un compenso materiale. Nanni Moretti, tuttavia, è più di un eroe anti-borghese, è anche il contrario. In Ecce Bombo aderisce pienamente a quella borghesia che vuole deridere quando chiede all’amica “Che lavoro fai?” “Come campi?” (la scena alienatissima del campo) oppure quando dice “se essere di sinistra vuol dire mangiare due patate per pranzo  e mettersi l’orecchino allora io mi sento più a destra” (Ecce Bombo). Chi ha uno sguardo attento capisce che Moretti è la negazione di se stesso. Del resto era figlio di un accademico. Il cinema morettiano nel suo essere anti-borghese e mettendone in evidenza le nevrosi tipiche derivanti da questo mondo è nello stesso tempo ben pensante e borghese. Nonostante si ponga un’alternativa al vocabolario sinistrese tuttavia la sintesi è comunque il fallimento. Il cinema morettiano fallisce, non c’è via d’uscita. In Aprile troviamo un padre di famiglia che cerca di superare (con la maschera sociale) le sue responsabilità politiche ed umane. In entrambi i casi fallirà. La sintesi ultima è il fallimento, come quello che pretende di ricreare una nuova realtà fenomenica di oggetti tramite le categorie del pensiero medio-borghese. Il protagonista di Aprile è il significato interiore del cinema di Moretti, forse nemmeno lui sa la verità. Durante le riprese è stato forse convinto di superare il buio della provincia. Aprile è il fallimento. Voler congiungere il nero e il sorriso ben-pensante.

Una riflessione pre-natalizia di Giovanni Sacchitelli (Foggia, 1988)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*