Mare d’inverno
Il mare d’inverno possiede la meraviglia delle cose che non dai per scontato, quelle che non t’aspetti; porta con sè l’incanto speciale di una scoperta solo tua, che non devi per forza condividere con tutti.
Il mare d’inverno ha la bellezza di quelle donne che non hanno bisogno di truccarsi né di ricostruirsi per esercitare tutto il loro fascino, non deve combattere contro le rughe increspate delle patine oleose delle creme solari, non affronta la stanchezza di dover diluire centinaia di sfoghi ureici.
Il mare d’inverno è limpido, algido, intrigante e ingannevole come le sirene di Ulisse: ti chiama, suadente, irresistibile, ma non puoi cedergli; sai che il tuo organismo non te lo perdonerebbe.
E’ lì – davanti al mare d’inverno – che accadono piccole grandi magie. Sussurra, a volte parla, magari ti chiede di salpare, di andar via verso il largo e ricominciare da zero, su un’isola deserta, e lo fa con una voce così seducente da fartelo sembrare finalmente possibile.
La sabbia accatastata attende tempi migliori per tornare a spandersi, libera, e lasciarsi impastare dalle mani dei bambini; nel frattempo la battigia diventa campo di gioco per le poseidonie secche, che si sono lasciate trasportare a riva dalla corrente e possono divertirsi a scorrazzare libere, senza il terrore di essere portate via da un rastrello implacabile, come fossero indesiderate, come se la spiaggia non appartenesse più a loro che all’uomo. Lì in mezzo centinaia di piccole impronte triforcute raccontano delle passeggiate libere dei gabbiani, intermezzi terrestri fra un volo e l’altro: per loro volare sul mare è così ovvio da potersi permettere di smettere di farlo, ogni tanto.
Il mare d’inverno è una magia limpida e cristallina, come se il gelo avesse lasciato precipitare ogni forma di inquinamento. E’ un abbraccio caldo e irresistibile, anche se te lo aspetteresti gelato.
E’ desiderio, voglia, contatto mai così penetrante eppure ancora non raggiunto; ma forse – chissà – quest’anno non sarà necessario aspettare la primavera.
Testo e fotografia di Manlio Ranieri
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