Ripropongo questo vecchio articolo scritto e realizzato dopo una intervista ai pescatori di Giovinazzo, pubblicato su Bari Magazine, e lo dedico alla mia amica Claudia Minenna, donna e psicologa e amica di grande vivacità intellettuale e d’animo.

Nella nostra memoria resta un pomeriggio denso di emozioni e grande divertimento.

Grazie Claudia.

 

 

“L’uomo non trionfa mai del tutto, ma anche quando la sconfitta è totale quello che importa è lo sforzo per affrontare il destino e soltanto nella misura di questo sforzo si può raggiungere la vittoria nella sconfitta.”

 

dal libro “Il vecchio e il mare” di Ernest Hemingway

 

Maggio 2011

Giovinazzo (Ba)

Il Pescatore,  mestiere che ci parla del passato, della Natura,  del sacrificio, delle tradizioni.

Incontrare e parlare con alcuni pescatori di Giovinazzo è stato davvero emozionante,  come aprire delle faglie a sensazioni ed immagini lontane, evocate nei pensieri, quando incrociamo una barchetta che prende il largo con calma, eleganza, pazienza, tenacia.

Sacrificio di forza e di spirito, lontano dai nostri stress e mali del vivere quotidiano.

Tra risate, entusiasmi e qualche lacrima hanno raccontato di come sin da piccoli hanno imparato ad affrontare il mare con la barca.

Il più anziano di loro, ha più di novant’anni, ci racconta con gli occhi umidi che anche d’inverno affrontava il mare a piedi nudi, e di quanto  sia traditore,  di come mai bisogna distrarsi.

Ci mostra la sua barca, la tocca, lui è vecchio ormai non esce più in mare, e la guarda con nostalgia infinita.

Nel frattempo arrivano i pescatori più giovani di lui, è ed è una gioia vederli sorridere e scherzare mentre preparano le reti.

Felici di essere ascoltati,  di essere una voce, una testimonianza.

Cantano “O sole mio” e spiegano che è la loro canzone preferita quando la pesca va bene e riescono a fare un bel bottino di polpi.

Si prendono in giro, scherzano tra di loro.

Sono di una gentilezza dimenticata, fatta di gesti semplici, di semplici sorrisi, ci regalano un cavalluccio marino.

Ormai non se ne trovano più.

L’hanno conservato  per regalarlo al primo bambino che avrebbero incontrato.

Perché il mare non è solo sacrificio, è anche meraviglia e vita.

Facciamo un giro su una barca, mentre uno di loro ci racconta come va la sua giornata o le sue notte in mare.

Ci racconta che nella notte quando si è in due, si parla molto, per non sentir la paura, per celar l’attesa.

E lo dice con un certo orgoglio, con parole pesate.

I suoi figli, non lo seguono fanno altro, e per lui va bene, fare il pescatore è davvero un sacrificio.

Ma nei suoi  occhi noi vediamo tutto l’amore e l’orgoglio, che ogni giorno, lo aiutano a poggiar i piedi per terra e affrontare i colori del mare.

Le prime cose che saltano agli occhi, come i raggi del sole che rimbalzano sulle increspature del mare in mille riverberi, sono le loro emozioni e la loro anima messa a nudo, che appare semplice e vera attraverso lo sguardo puerile e alle volte furtivo. E il loro gesticolare e il manipolare gli strumenti di lavoro con disinvoltura e padronanza. E il ritmo del discorrere, rapido e sicuro quando descrivono la loro quotidianità, e lento e controllato quando invece devono recuperare dalla memoria i ricordi lontani e spiacevoli: le forti mareggiate che, in quegli istanti, gli ricordavano freddamente la propria condizione di fragilità e di “sudditanza” nei confronti di un “mare-padrone” che decideva la loro sorte  a causa di un inspiegabile  “capriccio”. Ritorna, spesso, vibrante, il concetto di “mare traditore” nelle parole del primo pescatore intervistato; quasi volesse più rivolgersi a lui che a noi, quasi gli volesse ricordare, con velata asprezza, il dolore e le lacrime versate negli istanti in cui, più di volta, è stato costretto, da solo e con i  suoi umili strumenti, i remi, a fronteggiare le imponenti correnti, che con le loro lingue di schiuma e di sale erano pronte ad inghiottirlo e a seppellirlo nelle loro profondità in un solo attimo. Quando si lascia andare a questi ricordi i suoi occhi diventano lucidi e  il volto inizia a coprirsi di macchie scarlatte, che si spargono qua e là tra le profonde rughe, e resta in silenzio, fa un respiro profondo, ingoia saliva e dolore, come se stesse ingoiando vetro, e poi si libera in un pianto soffocato chissà da quanto tempo. E’ la sua prima intervista in settant’anni di lavoro da pescatore ed è emozionato. Il pianto lo libera, ma, al tempo stesso, lo imbarazza; cerca invano di nascondere le lacrime, le blocca ancor prima che righino il volto. Ci sono lunghi attimi di silenzio, gli chiediamo se vuole continuare oppure se preferisce fermarsi. Lui decide di proseguire, di volerci fare questo dono: di regalarci la sua anima e la sua vita. Immaginiamo che il suo sguardo meditabondo si sia posato sui settant’anni della sua vita da pescatore dicendo a se stesso, come il pescatore  di Hemingway nel “Il vecchio e il mare”, “Forse non avrei dovuto fare il pescatore. Ma è per questo che sono nato”.

Questo singolare modo di penetrare nei ricordi più tristi e di saperne “uscire” con altrettanta rapidità, conservando la propria integrità d’animo, assieme alla forza e alla determinazione, dipingono a tinte nitide e perfette Il Pescatore per antonomasia. Un uomo semplice e deciso, che regala la propria vita al mare, gliela porge delicatamente già dall’età di dieci anni, quando inizia a seguire il padre in barca per imparare il mestiere e i segreti del mare. Forse all’inizio non è del tutto consapevole di quello che sarà il suo destino e vive questa dimensione come un processo necessario per il conseguimento della propria maturità.  E’ un mestiere che fanno il padre e il nonno e tra un po’ toccherà anche al lui. Finalmente potrà essere come uno di loro. Potrà iniziare a comprendere il senso del sacrificio, il senso del dovere, la soddisfazione per una buona pesca e la frustrazione per un’altra andata male.  Avrà probabilmente argomenti da trattare a tavola con loro, con gli adulti, e quando farà ritorno a casa, dopo una buona battuta di pesca, sarà oggetto d’ammirazione e d’orgoglio da parte del padre e del nonno dinanzi al resto della famiglia. Mentre tutti gli altri amici impareranno altri mestieri oppure avranno la possibilità di andare a scuola, lui avrà la fortuna di conoscere il mare e di fare del mare il suo futuro e la sua vita. Il suo legame con il mare sarà un legame d’amore, ingeneratosi attraverso un altro tipo di legame d’amore, quello tra lui e il padre. Probabilmente il mare è stato il tramite attraverso il quale si è rafforzato il suo amore incondizionato nei confronti del  padre. Le confidenze, i consigli, gli incitamenti, gli sguardi di complicità scambiati tra di loro in barca possono aver contribuito a rendere speciale il loro rapporto. E così, in maniera inconsapevole, il bambino pescatore ha iniziato ad amare anche il mare incondizionatamente, imparando ad accettare nel tempo  tutti i suoi umori, persino quelli furiosi che divampano come violente tempeste, che hanno il potere di mettere in gioco la sua vita e quella di altri pescatori.  Una tempesta feroce può scatenargli rabbia, rancore e  frustrazione oltre che paura. Perché il mare può ergersi di colpo e colpirlo alle spalle, come un vero e proprio Giuda, che perde il controllo di sé e compie un gesto folle più che un gesto dettato da una logica vendicativa e punitiva. Ma il pescatore non può fare a meno di lui, del mare, perché il mare gli dà la possibilità di vivere, di poter vendere in piazza il frutto delle proprie fatiche e, quindi, di poter andare avanti giorno dopo giorno, anche se in un continuo stato di  indeterminatezza. Ci sono giorni in cui la pesca va bene, altri, invece, in cui si ritorna a casa sfiniti e con le reti vuote. Rancore e gioia caratterizzano la dialettica dei sentimenti che il pescatore prova costantemente nei confronti del suo zar, da quando ha iniziato ad approcciarsi a lui timidamente. I pescatori intervistati sottolineano frequentemente le fatiche del proprio mestiere e la forte passione che fa da contraltare allo stesso. La passione potrebbe essere espressione dell’amore incondizionato, quindi l’essenza del mestiere della pesca. La passione, infatti, gli consente di fronteggiare il gelo dell’inverno, le notti in barca da soli, l’aria fredda dell’alba e quella dell’imbrunire. La stessa passione viene alimentata dalle emozioni piacevoli che regala loro il mare, quando le loro reti catturano tre o quattro quintali di pesce, che vengono poi esposti sulle bancarelle, con orgoglio. Sono rimasti in pochi, si sono estinti negli anni, come i loro pesci. Sono poco più di dieci pescatori che si ritrovano al porto, prima di uscire tutti quanti assieme le loro barche. Sciolte le corde delle loro barche, si spargono nel mare, come pesci a cui viene restituita la libertà dopo essere stati catturati per sbaglio; mentre, in altri momenti, si ritrovano vicini, per scambiare quattro chiacchiere, o anche per spartirsi la fortuna dell’altro, quando uno di loro pesca qualcosa. Un pescatore ci racconta con aria divertita e con un cenno di sorriso che, quando uno di loro riesce a pescare qualcosa mentre gli altri ancora no, questi si ritrova improvvisamente circondato dal resto dei compagni, che gli si avvicinano solo perché hanno intuito che nel dato punto possono esserci branchi di pesci che nuotano seguendo le correnti del mare. E’ come se anche i pescatori seguissero il movimento dei pesci e come loro, spesso, si muovono in gruppo nel mare. Ma non è sempre così: alcuni, per evitare che tutti gli altri si avvicino come sciami di api al miele, cercano di non attirare troppo l’attenzione degli altri e si apprestano a sistemare i pesci appena pescati in maniera silente e con un fare preciso e controllato, altri, invece, esprimono la propria gioia esultando e cantano ad alta voce, rompendo il silenzio e la noia accumulata. Un pescatore ci ricorda, però, che in mare devono sempre mantenere un alto grado di vigilanza, non devono mai distrarsi, e che il parlare poco, solo per necessità, è considerata una virtù, così come sosteneva il vecchio pescatore di Hemingway, e come ci conferma  Domenico mentre rema portandoci verso il largo, che: “Chi dorme non piglia pesci!”.

Articolo scritto da Annalisa Falcicchio e Claudia Minenna

Fotografie di Annalisa Falcicchio

Giovinazzo, Maggio 2011

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