Ti svegli al buio nella più assoluta incoscienza
Ti svegli al buio nella più assoluta incoscienza. Dove sono, che cosa è successo? Per un istante la memoria è cancellata. Non capisci più se sei un bambino o un adulto, un uomo o una donna, colpevole o innocente. Le tenebre sono quelle della notte o di una prigione? Capisci solo una cosa, e tanto più intensamente dal momento che è il tuo unico bagaglio: sei vivo. Più di così non lo sei mai stato: sei vivo e basta. In che consiste la vita all’interno di questa frazione di secondo in cui hai il raro privilegio di non avere identità? In questo: hai paura. Non c’è libertà più grande di questa breve amnesia del risveglio. Sei un neonato che conosce il linguaggio. Puoi assegnare un vocabolo alla scoperta senza nome della nostra nascita: sei scaraventato nel terrore della vita. Durante questo intervallo di pura angoscia, non ti ricordi nemmeno che al risveglio è possibile che si verifichino simili fenomeni. Ti alzi, cerchi la porta, ti senti smarrito come in albergo. E poi i ricordi reintegrano il corpo in un baleno restituendogli quanto gli fa da anima. Ti senti rassicurato e deluso: dunque sei questo, dunque sei solo questo. Subito ritrovi la geografia della tua prigione. La mia stanza sfocia nel lavabo, dove mi inondo d’acqua gelata. Cosa cerchi di sfregarti via dal volto, con tutta quell’energia e quel freddo? Poi riparte il tran tran. A ciascuno il suo: caffè-sigaretta, tè-toast o cane-guinzaglio, il percorso di tutti è organizzato in modo che si abbia meno paura possibile. In realtà, passiamo il nostro tempo a lottare contro il terrore della vita. Per sfuggirgli, inventiamo definizioni: mi chiamo tizio, sgobbo per conto di caio, il mio lavoro consiste nel fare questo e quello. Sotterranea, l’angoscia avanza con il suo lavoro di trincea. La sua voce non si può completamente imbavagliare. Credi di chiamarti tizio, che il tuo lavoro consista nel fare questo e quello ma al risveglio niente di tutto ciò esisteva. E può darsi che davvero non esista.
Amlèlie Nothomb