De Sade e le nuove aristocrazie
L’apologia sadiana del male è formidabile. Gli aspetti patologici di una sessualità maniacale e perversa sono entrati a ragione nella tassonomia clinica dei manuali di psichiatria. Il “divin marchese” ha radicalizzato gli esiti del dionisiaco, mettendo gli strumenti della ragione al servizio del crimine, di cui considera la Natura principale magistra , in un mondo senza Dio dove la morale è vuota esteriorità. Precursore degli snuff-movie e per alcuni del pensiero – organo di dominio alla base dei regimi dispotici. De Sade mette in atto una cosificazione del corpo moderna quanto gli orrori del Terzo Reich, il traffico di organi e la prostituzione infantile. Una ragione luciferina, ossessiva e maniacale, si svolge ripetitiva su stessa, mostrando i capricci di un privilegio aristocratico che ha smarrito il suo regno. È il più forte che vince distruggendo l’altro, in una sorta di darwinismo sociale che inibisce ogni forma di empatia. Oltre gli aspetti filosofici dell’opera omnia, improntati a materialismo e ateismo , ciò che mi sembra degno di nota è la topografia del potere: castelli e monasteri sono i labirinti in cui l’individuo soccombe. Pasolini ebbe una grande intuizione nell’ambientare “Le 120 giornate di Sodoma” nelle coordinate storico-concettuali del regime fascista. I risvolti politici dell’opera sadiana hanno permesso una sua rivalutazione teorica nel corso del 900, dopo la lunga eclissi del secolo precedente. Una rilettura ideologica negli anni duemila, mi porta a riflettere sugli aspetti economici. Oggi, come ha affermato Bauman, gli esiti della globalizzazione hanno provocato una tirannia economica del potere, ormai nelle mani delle banche e delle multinazionali. Per questo i governi nazionali si sono indeboliti, sottoposti alle pressioni di forze più grandi. Bauman ha teorizzato un nuovo tipo di potere politico, una specie di struttura sovranazionale in grado di garantire per gli individui. Ora, non volendo scadere nei vari complottismi sull’ordine mondiale, né nella prospettiva distopica di una società alla Huxley, (per innato pessimismo volteriano) mi preme sottolineare come il denaro sia un dio nell’universo sadiano. Si ottiene denaro tramite atroci violenze o disponendone si spende per atroci violenze. Nell’ottica simil-borghese di noi semplici mortali: “l’ozio è il padre dei vizi”, ma io direi anche il denaro. Ovvio il legame tra i due elementi. Non troviamo lo stesso tipo di violenza sadiana sui giornali, se non in casi pseudo-eccezionali, ma sicuramente leggiamo di lavoro minorile, psicologia coatta da marketing, mobbing e privilegi. Alla cosificazione è subentrata la digitalizzazione, un nuovo materialismo fantasmatico e al posto della religione, altri tipi di oppio per i popoli. Base di questo potere è il controllo, reso necessario dalle democrazie: ai tempi di Sade non esistevano sindacati, né una pubblica opinione moderna. Il “divin marchese” scriveva, al di là del transfert autobiografico, di un sistema econimico-politico che stava morendo. Spazzato via dalla Rivoluzione Francese. Ma forse ha solo cambiato forma, adattandosi abilmente ad un mondo che crede nella libertà.
Delia Cardinale