Soggetto e funzione
La logica proposizionale è quella parte della logica moderna che descrive il funzionamento matematico-deduttivo delle frasi, sotto forma di assiomi, teoremi, regole, tutti quanti che vedono la partecipazione formale di proposizioni, altresi dette predicati e variabili. Il termine logica ci è molto familiare, ancora prima del suo valore semantico propriamente greco, il logos, la forma principale della virtù della filosofia antica, logos è un termine che in greco può essere tradotto in svariati modi come “calcolo” “verità” “proposizione” “verbo” (ad esempio il celebre prologo al Vangelo di Giovanni, “in principio era il Logos (il Verbo) ed il Logos era presso o era Dio) carattere tipico della lingua greca, la polisemicità dei suoi termini; prima ancora del suo primario significato, il termine logica è consueto per avere a che fare con il ragionamento. Una serie di eventi legati tra loro in maniera razionale, di modo che ogni anello della catena sia collegato rettamente all’altro, sono una serie di eventi logica. Nel quotidiano, come nei calcoli della matematica o semplicemente nella grammatica, logico è ciò che ha senso, ciò si può rappresentare senza incorrere in un paradosso (paradosso è nell’etimologia greca del termina ciò che va contro l’opinione, para-doxa, intendendo opinione come ciò che è accettato dalla maggioranza, anche se l’opinione contrapposta alla verità apre un capitolo essenziale del pensiero antico, qui fuori programma). Logos da cui logica è il perno della filosofia antica, è la sua stessa essenza. Oggi usiamo questo termine, come ho detto sopra, per indicare quelle situazioni ottimali in cui non si può parlare di assurdo. Qui, a partire da Ionesco (la cantatrice calva, la lezione) fino a finire a Camus (lo Straniero) la letteratura ci dà le line guida del buon senso per giudicare stati di cose. Gli stati di cose! Questa serie di parole ridondante nella filosofia del linguaggio a partire da Frege per poi passare per Wittgenstein, entrambi figli della verità classica aristotelica. Sisifo, e il mito che porta il suo nome, una delle pagine più belle della letteratura francese nichilista, è colui che accetta l’assurdità della vita e decide che per vivere e per evitare il suicidio che, tornando ancora a Camus, è addirittura il quesito fondamentale di tutta la filosofia, per vivere bisogna continuamente portare alla cima di un monte scoceso, un enorme sasso, simbolo della dannazione assurda umana. La logicità nella sua forma quotidiana di significato mi sembra chiaro sia sinonimo di anti-assurdo. Prendiamo spunto anche se volete dal Beckett di Tutti quelli che cadono, emblema a mio parere dell’incomprensibilità della’azione umana (simile a quella scelta indecifrabile che Sartre descriveva) per mettere a paragone un legame logico con uno che non lo è. Vladmiro ed Estragone, come Stanlio e Ollio, entrambi giocano tra loro alla ricerca perenne di un senso, che sia anche la caduta di una mela da un albero a dimostrazione della razionalità della legge di Newton oppure quando c’è qualcuno che porta a spasso un essere umano come un cane, ordinandogli di pensare o non pensare. Nella seconda coppia è sempre il primo, Stanlio, a trovare la ragione, ma spesso è proprio la dabbennaggine, quasi idiozia del secondo a trovare una soluzione pragmatica ai problemi. Ignorando del tutto cosa voglia dire logica in greco noi involontariamente lo utilizziamo solo in un’accezione, quella di ragionamento, o meglio di razionale. Se abbiamo in mano un faro e questo non funziona, è logico procedere con una serie di accorgimenti, prima di tutto controllare se è regolarmente acceso, poi vedere se mancano le batterie et cetera. Sarebbe illogico o irrazionale dire che il faro funziona anche se lo stato di cose faro non funzionante (che in logica proposizionale si potrebbe formalizzare con un F (p) = falso, dove “F” è un costante per predicati che sta per “funzionare” ed è una funzione che applicata alla costante p ci dà il valore di verità pari a falso) non è adeguato alla frase “faro funzionante”. Non mi dilungo ulteriormente sul significato di logica nel mondo di tutti i giorni. Passando per l’arte, o per la letteratura, dico arte perché basta pensare ai paradossi percettivi di Escher, che pur essendo frutto della mente dei calcoli di un architetto, è comunque arte e non pura geometria, o ancora insistendo sugli esempi della letteratura perché non citare i famosi sei Persei (che poi quando il tipo chiedeva sei per sei, si veniva a formare un’ambiguità semantica che ricade nel campo della logica) di Campanile. L’obiettivo di questo mio articolo del sabato sera, si diciamo pure del mio triste Villaggio, abitando in una spoglia e volgar provincia, è quello di indicare tramite la logica proposizionale, quel rapporto che come in matematica sussiste tra un funtore e la variabile, quel legame che soggetto e funzione instaurano su larga scala nella contemporaneità. Mi rifaccio al significato comune di logica come strumento per rivangare e procedere dall’ignoto al noto nel territorio dell’autocoscienza collettiva umana. Senza esagerare, come il soggetto universale di Hegel, quello che una volta ogni tanto nasce per far procedere la storia in una direzione e non in un’altra, (lo fu Napoleone) mi pongo come un piccolo scrivano fiorentino alla mercé del pensiero. Sono partito dicendo cos’è la logica proposizionale, ovvero una messa in forma matematica della vecchia sillogistica aristotelica, possiamo tranquillamente trascrivere un canto della divina commedia con questi strumenti o per, renderci facile la vita ed essere d’accordo con i manuali del liceo, fare “tutti i greci sono mortali” come per ogni x, tale che x è una variabile per termini singolari appartenente all’insieme G (che è sua volta una funzione) allora x appartiene anche a M (funzione predicativa per “mortale”). E’ un giochetto facile e apparentemente lineare se restiamo su bassi livelli, se insomma non vogliamo finire nella logica matematica vera e propria, quella del primo ordine. La logica di Kurt Goedel e dei suoi due teoremi di incompletezza, quelli in base ai quali si stabilisce che tutta la teoria matematica è coerente ma incompleta, perchè si creano proposizioni indecidibili a partire dagli assiomi, ad esempio la proposizione “questa frase è falsa” non è decidibile, non possiamo attribuire ad essa nessun valore di verità in quanto se procediamo con il dare il valore “vero” allora è falsa, così il contrario. Incappiamo nel famoso “paradosso del mentitore”, o anche nella versione di Bertrand Russell il paradosso del barbiere (in questo salone si fa la barba solo a chi non si fa la barba da solo. Dalla logica aristotelica fino ai modelli matematici moderni, un filo di Arianna lungo duemila anni di stagnazione, dubbi, tentativi di Leibniz o di Kant di raffinare il modello aristotelico, bisognava aspettare Glottlob Frege per unire matematica e sillogistica. Il motivo di questo piccolo paragrafo sulla storia della logica è sicuramente correlato con l’ambito morale. Che poi è quello che qui mi preme spiegare. Dobbiamo immaginarci noi come tante piccole trottole all’interno di queste macchine logiche. La società moderna è, tornando all’arte, come quella descritta nel Rosso e Nero di Stendhal o nel mondo infinito di Balzac, una società funzionale. Certo, sembrerebbe inutile ricorrere ai più sottili artifici della logica formale per indirizzare il soggetto. Ma è indubbiamente così. I teoremi chi li scrive? Li scrive chi ad esempio chi si occupa di sociologia del lavoro o chi studia lo stato degli italiani medi giovani, termini come “inattivi” “inoccupati” “disoccupati”, mi paiono abbastanza noti a chi, come noi italiani, è costretto a sentire ogni giorno la radio strillare sui soliti temi. I teoremi li fa chi stabilisce le regole per un lavoratore correttamente inserito nel suo contesto, se è un individuo capace di “problem solving” di “lavorare per obiettivi” se ha “innovatività”. Ho fatto diversi colloqui di lavoro, anche in agenzie per l’impiego interinali, e nei colloqui mi pareva sempre di essere come il Pietro traditore del Cristo, dopo che il gallo abbia cantato tre volte, allora io ho tradito qualcuno, e devo essere maledetto, peccato mortale non “aver svolto corsi di formazione”. La stessa freddezza che accomuna i matematici o i logici quando costruiscono una teoria coerente è quella di chi si occupa di dare una variabile per termini singolari al la funzione predicativa ed il valore è un si o un n0, meglio dire assunto o non assunto. Questo è il legame tra soggetto e funzione. Viene a crearsi una geometria strana fatta di un cristallo gelido in cui guardando da vicino osserviamo tanti piccoli microcristalli in forma di minuscoli impiegati. La freddezza di un Newton o di un Godel è propria anche di chi associa per forza un valore alla funzione in esame. Quella lavorativa. Spostiamoci dal terreno della logica e concentriamoci sulla natura fredda del sistema soggetto-funzione nella realtà empirica. Gli uffici di collocamento, le agenzie per l’impiego, ogni sorta di ente per la costrizione obbligata all’inserimento nello stato macchina, basano il loro funzionamento su principi standard indiscussi, appunto assiomi, che non dandosi nei colloqui suscitano una rabbia meschina. Si dà per scontato che ognuno abbia voglia di negare il principio di piacere, che ognuno abbia voglia di perdere le proprie giornate in attività logoranti, ma che soprattutto che si abbia voglia di servire il santo principio dell’utile. L’utile è senza giri di parole, il rendere un oggetto del mondo esterno una percezione passeggera, quasi sempre legata all’annullamento totale. Non siamo mica tutti in grado di accettare questa feroce regola del progresso. Eppure nel mondo del collocamento, è necessario attribuire un valore alla funzione “occupato”. Servire l’utile significa rinunciare alla bella parvenza immobile dell’arte, trasformandola in un gretto artigianato. Un mobile non è un insieme di ricordi o di sottili sfumature di luce. La meraviglia indiscutibile dei funzionari del sistema soggetto-predicato ha infangato la poesia.
Una riflessione di Giovanni Sacchitelli
(in evidenza: Luigi Ghirri, Prato, Teatro Metastasio, 1986)