Forbicine
Gli arcieri sul gheriglio: aghi spilli spade addosso, attraverso. San Sebastiano deve aver bestemmiato ad un certo punto. Occhi assenti rivolti verso qualche altrove che tira l’angolo sinistro della bocca verso il cielo. Come sorridessimo. Per la bella borghesia delle donne vestite nei negozi del centro, il preziosismo di plastica che non avvince. Scontato come i cibi in scadenza. E le studiamo anche queste donne. Come i libri e i disonesti e i pusher agli angoli delle strade. Un appunto sul frigo rotto: l’orrore di Kurtz. E chi pensa di tagliarsi le vene in verticale, chi se le ricuce, chi va via e se ne frega. Sul pelo delle cose senza innamorarsi. Pesci uccelli gerridi: questo. Avevo un’amica che mi sembra di aver raccolto, ma forse avevo le mani sporche. Oppure no: non è colpa nostra. Perché la pretesa di essere altissimi deve mostrarci il livello del mare? O quel sottoterra che ripugna. Pesci uccelli gerridi: questo. Mai una sola cosa. Un solo spazio. E gli ignoranti ci dicono che viviamo troppo e troppo forte e quindi male. E noi diciamo: imparate i verbi. Consecutio temporum. Non perché sia assolutamente necessario, ma da qualcosa si deve pur cominciare. Da qualcosa di facile. Che se dicessimo: mettiti questi occhiali sarebbe troppo. E diventerebbero tutti ciechi come in Saramago. E allora diciamo cose stupide ridendo tantissimo e mostrando il culo. Che tanto capiscono in pochi. Avevo raccolto un’altra amica ma lei non l’ha visto. Eppure quella volta ero sicurissimo di avere le mani pulite. E allora con le stesse mani salutiamo il Titanic e tutta quella presunzione. Ciao. Attenzione agli iceberg che a volte sembrano isole paradisiache. Ciao ciao. Noi veniamo dalla terra e ci servono sempre poche cose. Poche e rarissime. Una febbre. Certi animali si estinguono per disadattamento. Che ci facevano i dinosauri con le piume si sarebbe capito poi. Ma forse noi non vinceremo: ci dicono che siamo pazzi e finiamo per crederci. Una bella fregatura. Come l’Hiv nei vaccini per la poliomielite: non doveva succedere, ma è successo. Non c’erano strumenti per virus sconosciuti nei reni di scimmia.
E oggi? Il mercurio?
E questo male degli anni zero senza nome e senza cura? Ovvio che si firmano le liberatorie: se moriamo non è colpa di nessuno. Che assurdità sarebbe fare causa agli occhi di una stronza o alle scie chimiche e alla pubblicità. Allora siamo pazzi e a pezzi. Ma se dovessimo ritrovarci tutti insieme in una piazza qualcosa sicuro cambierebbe. E di noi ne moriranno a milioni per principio, di voi a miliardi per inettitudine. Come il Ragnarock in terra norrena. Dove anche Dio resta morto sul campo. Questo eterno prurito. Maledette cicale estive che si lasciano morire. Mentre i fiumi si asciugano e gli stabili si fanno macerie. Tante persone non guariscono mai, radiali nelle costole cattive. Andremo sul deep web a venderci le cornee, i polmoni anneriti e l’anima a piccole scaglie. Gatti di nessuno a cui qualcuno ha tagliato la coda. Quindi senza equilibrio a cadute bilanciate. Sistemi burocratici come scale di carta che si accartocciano e noi ci sentiamo obesi. Anche se l’endocrinologo dice che è tutta una questione psicologica. E cosa siamo se non forficulae auriculariae. Quegli insetti fastidiosi che tutti chiamano forbicine. Armati e minuscoli. Questo siamo: forbicine.
Delia Cardinale