Ci sono giorni in cui il peso preme sul petto come se un elefante ci fosse seduto sopra.

Ci sono giorni in cui il respiro è così corto che boccheggi come un pesce nell’acquario.

Ci sono giorni in cui anche ripetere a pappagallo “passerà” non serve.

I pensieri ronzano nelle orecchie più delle zanzare nelle notti estive e tirare fuori gli artigli comporta più energia di quanto tu sia disposto ad investire.

Cambieresti pelle o almeno colore per confonderti nell’ambiente e non essere trovato.

Puoi tentare la terapia dello struzzo, con la testa sotto la sabbia non vedere ciò che ti disturba e il tuo mondo sotterraneo diventa privo di problemi, anche se io preferirei la terapia del pipistrello, a testa in giù cambiano il punto di vista e le prospettive.

Molti si imbellettano con fiocchi e nastrini, sfilando per arricchire il pedigree, altri sono api regine di un alveare al loro servizio.

Ognuno ha le proprie strategie di sopravvivenza: il letargo, per rintanarsi in cucce calde e comode, e superare il rigore dell’inverno, o come i cammelli incamerare acqua ed energia per affrontare il lungo, caldo deserto.

La strada facile è scovare le pulci nella pelliccia altrui, mentre le proprie prolificano contente, quella più difficile è vivere in branco e rispettarne le regole.

Pensandoci bene io vorrei essere una stella marina, colorata, sgargiante, omogenea o screziata.

La stella marina se perde un braccio lo rigenera in breve tempo, e se viene ridotta in pezzi da ognuno di essi nascerà una nuova stella.

Appare delicata e fragile, ma con le sue forti zampe riesce ad aprire i gusci più resistenti e raggiunge tutti i mari e tutte le profondità.

Allora in questo microcosmo che è il mio zoo, potrò fermare i ricci con pinzette a becco di cicogna, indossare scarpe ad occhio bue, abiti color tortora, un collo di volpe e occhiali da sole a mosca … ma vivrò sempre come una stella marina.

Nicla Gadaleta

immagine di Roger Olmos, tratto da “Senza Parole”

 

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