Riparare con la polvere
Il kintsugi è quella pratica orientale di riparare vasi in ceramica con i metalli preziosi. Le crepe che dividono i pezzi rotti di un vaso vanno a formare un intreccio di linee dorate unico e irripetibile. Lo scopo di quest’arte non è quello di nascondere le crepe, ma quello di metterle più in luce possibile. Ogni rottura è diversa dall’altra. E di conseguenza ogni decoro lo sarà. Questa pratica possiede in sè una meravigliosa similitudine con la vita umana.
Che succede quando a rompersi è una persona? Nella storia di Hugo Cabret viene detta una frase molto intensa.
“Se perdi il tuo scopo è come se fossi rotto”.
Sono molti i modi in cui ci si può rompere.
Il cuore, comunemente, va in frantumi.
Può cadere via un pezzo di noi e lasciare un vuoto.
Può esserci solo un graffio o una scalfittura.
Ogni rottura è del tutto personale. E anche quando ci si rompe per gli stessi motivi, le crepe non frangono mai gli stessi punti per tutti. Non fanno mai lo stesso percorso.
Secondo questa filosofia la vita è proprio fatta di una alternanza tra integrità e rotture.
La vita ha deciso dove rompere e noi allora decidiamo come riparare.
A questo punto qual è un decoro perfetto?
Quello che non cancella.
Quello che non vuole nascondere.
Quello che tiene conto di ciò che accade,
asseconda l’avvenuta rottura e ristruttura.
Quello che dopo ci porta luce.
Possiamo essere delle opere d’arte anche noi, una volta rotti.
E certi di noi possono diventare delle opere d’arte solo e solo DOPO essersi rotti.
La bellezza che ci caratterizzerà poi sarà necessariamente superiore.
Nel procedimento del kintsugi ciò che tiene insieme i pezzi franti è una lacca vegetale.
È il dentro di un albero.
Cosa ci lega al dentro delle cose?
Al dentro delle relazioni, al dentro del Pianeta?
La fase successiva nella pratica orientale è quella di distribuire le polveri preziose sui tratti delle crepe unite dalla lacca.
Che tipo di lavoro è questo?
Conferire splendore alle cicatrici.
Andarne fieri. Non avere timore a mostrarle. Farci la pace e non considerarle bruttezza, ma appartenenza. Allo stesso tempo evitare di ostentarle. Non è elegante.
Quando ci rompiamo, allora, o quando vediamo qualcuno che lo sta facendo, forse è il caso di pensare a quale metallo prezioso presto vedremo scintillare in quella vita.
Scrutiamolo da lontano. Attendiamolo. Desideriamolo. Procuriamocelo.
Semplici cicatrici possono diventare fantasticatrici.
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foto: mordicai