Non so voi ma io li aspetto tutti gli anni. Li leggo, li studio, a volte rido, a volte scuoto la testa, a volte incurvo le labbra giusto per dire -mah! Sto parlando di loro: dei depliant natalizi pieni zeppi di giocattoli che ti arrivano a casa già il 3 novembre, si attaccano sotto le scarpe, si incastrano nelle maniglie del portoncino d’alluminio e diavolo! Si! A volte si ficcano anche SOTTO il portoncino, roba che quando cerchi di aprire rimane tutto bloccato e ti devi piegare e lavorare di precisione per sfilarli via. I benedetti, simpaticissimi depliant pubblicitari.

Li sfoglio ogni anno accuratamente, pagina dopo pagina, non so, per me sono un’evidenza sociologica: sono ordinati per età, i giocattoli per bimbi piccoli sono per lo più unisex, niente di interessante. La cosa divertente arriva verso la quinta pagina, superata la fascia 0-36 mesi. Qui le pubblicità dei giocattoli cominciano a diversificarsi: ci son prima le pagine dedicate ai maschietti e via con robot lancia fiamme, lancia dischi, lancia-qualcosa-basta-che-lancia, tavoli da lavoro con tanto di martelli, cacciaviti, giraviti, bulloni, chiodi, morse, livelle, tutte cosette interessanti; ci sono le macchine telecomandate, gli aerei volanti, le scatole di lego con tutti i personaggi della fattoria, oppure della caserma dei pompieri o della polizia. Navi pirata, navi fantasma, ruspe, escavatori e batterie musicali.

Poi, d’improvviso, giri pagina e arrivi alle parti dedicate ai giocattoli per le femminucce. Qui ci troveremo nell’ordine: bambole truccate truccatissime oppure da truccare, a seconda dei gusti, teste mozzate a cui far le treccine colorate, cucine e lavatrici in formato baby, carrelli della spesa e registratori di cassa, macchine per il pane, per la pizza, per i dolci, per i biscotti, per il caffè. Va bene, io dico che fin qui ci può stare. Ricordo che quand’ero piccola avevo un piccolo servizio di tazzine con lattiera inclusa che adoravo: erano in plastica bianca con tanti fiorellini piccoli piccoli decorati. Avevo anche il vassoio, toh! Ora ricordo. E poi mi piacevano le barbie, mitiche! Io e mia sorella raccoglievamo tutti i nastri, il tulle, i fiorellini e i veli delle bomboniere e poi ne facevamo vestiti e cinture per bamboline. Sto divagando, scusate.

Insomma, oggi alle bambine si possono regalare aspirapolveri della Vorwek formato baby, ma soprattutto, per le più esigenti, carrelli Vileda per le pulizie, meglio identificati come “Carrelli per le pulizie in rosa e lilla che includono mocio, secchio, tergivetro, spazzola, spugna, bottiglia di prodotto, tubo di prodotto e sacco di raccolta”. Brrrrrrrrivido! Tra i vari punti descrittivi c’è scritto che il carrello “promuove l’attività fisica e aiuta a stimolare l’immaginazione al gioco”. Credetemi, io prima non bestemmiavo.

Scorro la pagina delle genialate fino a trovare lui, il bambolotto che da sempre mi disegna sulle labbra sempre e comunque la stessa, perenne domanda: Perche??? Lui, Cicciobello. Lo trovi in una miriade di varianti, Cicciobello cresce bene, Cicciobello primi passi, Cicciobello fiocco di neve o Cicciobello bellissimo, che poi di bellissimo non so cos’abbia visto che è uguale a tutti gli altri Cicciobelli. Ma ci sono alcuni bambolotti che inconsciamente mi provocano una specie di dermatite allergica acutissima che peggiora a seconda delle invenzioni del momento. Parliamo di Cicciobello bua, dotato di cerottini, siringhetta, stetoscopino, e tanto di cappellino da infermierina da poggiarsi in testa. Cicciobello lacrime vere che lo-so-sono-blasfema, mi fa pensare a una specie di gesù bambino miracoloso che poi, ste lacrime vere, chi le avrà versate? E soprattutto, chi le avrà raccolte? E con cosa poi? Mistero della fede consumistica.
Cicciobello pappa sì pappa no con tanto di pratico box che all’occasione diventa lettino. Da notare che il box lettino è costruito con sbarre di plastica in modo da tenere il bambolotto ben intrappolato nel suo recinto, roba che la Montessori nel vederlo si girerebbe nella tomba e si strapperebbe i capelli gridando Nooooo! Cicciobello pipì popò: “Il bambolotto che mangia davvero e fa la popò. Da brava mammina la bimba sdraia il suo Baby Amore e lo lascia dormire. Ma che succede? Cos’è questo prrr? Oh oh, Baby Amore ha fatto la popò! Ecco subito la sua mammina che si accerta dell’accaduto: apre il pannolino e…si, è proprio ora di cambiarlo!”. E si, per me invece è proprio ora di una smorfia compulsiva, tipo tic nervoso perché ecco, sto per tirar fuori espressioni poco signorili.

E poi c’è l’ultimo ovvero il top del top: Cicciobello myphone. Con tanto di telefonino touch screen incorporato. “Grazie al tasto monitor posto sullo schermo si possono sempre sentire i versi del neonato, anche quando si è lontani da lui”. Parola d’ordine Contrrrrrrollare. Verrrrrrificare. Roba da maniache compulsive. Manipolare il tutto e gestire la family felice Mulino Bianco tramite l’androide. Cioè, ti occupi del Cicciobello e nel frattempo chiami le amiche per raccontare com’era buona la parmigiana di ieri oppure per commentare l’ultima puntata delle Tre rose di Eva.

Uguali. Ci vogliono tutte uguali. Come se, ma dico, come se, volessero plasmarci fin da bambine, in maniera subdola, indiretta, sottile, facendoci assaporare piccole dosi di torte al veleno ricoperte di glassa al cioccolato. Esagero, lo so, esagero.
Mi ricordo che da piccola mi piacevano le macchine telecomandate, ne andavo pazza, solo che a me non le compravano, e quando le chiedevo la faccia desolata di mia madre diceva oh-signore-mio! oppure oh-madonna-mia! Allora aspettavo di andar a casa dei miei cugini per sequestrarle anche se prima o poi loro se ne accorgevano e così scattava la fatidica frase: “Tu no, che sei femmina!” Come se un cervello femmina non potesse creare direzioni, anzi, non potesse aver voglia di creare direzioni, ma dovesse per natura starsene buono buono dietro un carrello delle pulizie oppure ad accudire docilmente il suo Cicciobello, cambiargli il pannolino perché ha fatto la popò, misuragli la febbre perché è malato, controllare se ha fatto il ruttino, aiutarlo a camminare, cullarlo e coccolarlo fino a quando non gli sarà entrato in testa, al cervello femmina, che quello è il suo compito, quello è ciò che sa fare e che deve fare. Anche quando il Cicciobello peserà sui 90 chili e si chiamerà Andrea, Marco, Giovanni, Tommaso, Giuseppe, Alessio, Stefano, Maurizio, Davide, Gabriele.

Cristina Carlà

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