Aspirazione

 

Questa valle è triste e grigia: una fredda nebbia
la opprime;
come fronte di vecchio l’orizzonte è rugoso;
uccello, gazzella,
prestatemi il vostro volo; lampo, portami via!
in fretta, presto,
verso i prati del cielo dove la primavera regna
e ci invita
alla festa eterna, allo splendido concerto
che sempre vibra,
la cui eco lontana turba la fibra
del mio cuore ansimante.
Là, sotto gli occhi di Dio benedicente, raggiano
strani fiori,
là sono alberi in cui come nido gorgheggiano
migliaia d’angeli;
là ogni suono sognato, là ogni splendore
inaccessibile
formano, in un imene miracoloso, cori
inenarrabili!
là, vascelli innumerevoli dai cordami di fuoco
fendono le onde
di un lago di diamante dove sono dipinti
il cielo blu e i mondi;
là, nell’aria incantata, volteggiano odori
ammalianti,
inebriando insieme il cervello e i cuori
con le loro carezze.
E vergini dalla carne fosforescente, dagli occhi
la cui orbita austera
racchiude la siderale immensità dei cieli
e del mistero,
baciano castamente, come si addice ai defunti,
il santo poeta
che scorge un turbinìo di legioni di spiriti
sulla sua testa.
L’anima, in questo Eden, beve a lunghi sorsi l’ideale,
torrente splendido
che scende da alti luoghi e svolge il suo cristallo
senza una ruga.
Ah! per trasportarmi in quel settimo cielo,
me, povero diavolo,
me, fragile figlio di Adamo, cuore tutto materia,
lontano dalla terra,
da questo mondo impuro dove ogni giorno il fatto
distrugge il sogno,
dove l’oro rimpiazza tutto, la bellezza, l’arte, l’amore,
dove non si solleva
alcuna gloria un poco pura senza che i fischiatori
la deflorino,
dove gli artisti per disarmare i denigratori
si disonorano,
lontano da questa galera dove, tranne il debosciato che se la dorme,
tutti sono infami,
lontano da tutto ciò che vive, lontano dagli uomini
e ancor più dalle donne,
aquila, al sognatore ardito, per alzarlo dal suolo,
apri la tua ala!
Lampo, portami via! Uccello, gazzella,
prestatemi il vostro volo!

10 maggio 1861.

 

Saggi d’altri tempi

I Saggi d’altri tempi, che valevano quelli di oggi,
credettero, e la questione ancora è poco chiara,
di leggere nel cielo le buone sorti e i disastri
e che ogni anima fosse legata a un astro.
(Si è riso molto di questa spiegazione
del mistero notturno, senza pensare che il riso
è spesso ridicolo oltre che ingannevole.)
Ora, i nati sotto il segno di SATURNO,
fulvo pianeta, caro ai negromanti,
hanno tra tutti, secondo le antiche formule,
una buona dose di sventura e di bile.
Inquieta e debole, l’Immaginazione
in loro rende vano lo sforzo della Ragione.
Sottile come veleno, ardente come lava,
e raro, il sangue cola e circola nelle loro vene
riducendo in cenere il loro triste Ideale.
Così devon soffrire i Saturnini, così
morire – ammesso che noi siamo mortali –
poiché il corso della loro vita è disegnato,
linea per linea, dalla logica di un Influsso maligno.

Paul Verlaine

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