Fiere tristi ardenti morte: tutte le piccole fiamme nella stanza rossa. Un diadema in pezzi sul cranio nudo. Questo canto vivo non può spegnere i fuochi fatui. Danzanti spettri sospesi sulle ciminiere di una cigolante industria. Zucchero chimico raffinato, a singhiozzi dalle orecchie. Le api sono estinte e nessuno sfoglia più le margherite.

Le margherite sono di plastica.

Fiere tristi ardenti morte: tutte le parole. Moccoli sciolti su mille bugie. Faine tremanti lungo autostrade notturne: la primavera postmoderna.  Strilloni morti bambini nei giornali e la Madonna anoressica della prosa schiaccia la serpe bulimica della poesia. Quello spirito inetto soccombe ad una scarnificazione altrettanto inetta.

Lo spirito è di plastica.

Fiere tristi ardenti morte: tutte le rivoluzioni. Oltre gli schermi anonimi del sistema binario. Manicheismo che sboccia sui dorsi di un capitalismo anarchico. L’istanza della folla distratta dall’idolo taurino di un futuro che non ci sarà. E menti fulgide nella Laputa liquida d’illusioni e benzodiazepina, per un solo istante, ritrovano le idee. Ma questi pesci d’oro restano a galla.

Anche i pesci sono di plastica.

Fiere tristi ardenti morte: tutte le intenzioni. Musica nel mondo dei sordi. Il paradosso dell’individuo si gonfia fino alla bolla dell’individuo prossimo: un tappetto d’aria costretta. Siamo imballaggio per bomboniere, lo stesso che tutti da bambini ci divertivamo a scoppiare, tasto dopo tasto. Lo stesso che ora ci rende soli, insieme. Uomini cifre, fragili e cattivi. Uomini artificiali.

Uomini di plastica.

Fieri tristi ardenti morti: tutti noi. In qualche modo.

Derubati e felici.

Come ogni cosa : di plastica.

Delia Cardinale

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