Le boccate dalla sigaretta erano lente, lunghe, illuminavano la brace di energia e la lasciavano a scoppiettare per un paio di secondi. Sembrava quasi di sentirla, di avvertire il rumore della combustione, nel silenzio della domenica mattina. Fra un tiro e il successivo passava la contemplazione della luce, l’osservazione di una città che aveva sempre qualcosa da svelarle. Passava molto tempo, anche, tanto che era arrivata a ridosso del filtro dopo aver inspirato il fumo solo tre volte.
Le bastava così, per ora. Tre sorsi di quel fluido più denso dell’aria ma meno del vino e poi, forse, un caffè. Avrebbe deciso fra poco, una volta scesa in strada: era già pronta, già vestita, non doveva aspettare nessuno, attendere orari o appuntamenti.
L’unica cosa che desiderava era essere priva di vincoli, adesso; era il senso di questa vacanza: prendere le distanze, il tempo, la libertà e farli suoi per tre giorni, dal momento in cui la luce del sole iniziava ad inondare i palazzi di fronte a quello in cui la notte, ormai alta, ne inghiottiva ad una ad una le finestre illuminate. Solo allora, quando non ne era rimasta più nessuna a vegliare sul suo ritorno, sarebbe rientrata – leggermente brilla – per infilarsi nel letto e lasciarsi coccolare dalle coperte ancora pesanti, nonostante l’aria, fuori, si stesse facendo giorno dopo giorno più tiepida.
Nessuno le avrebbe chiesto dov’era stata, e con chi. Questo, forse, un po’ le dispiaceva, ma era l’essenza di questi tre giorni, il midollo, il succo concentrato di libertà ed indipendenza.
L’indomani sarebbe tornata a casa. Ci sarebbe stato tempo per tutto il resto.

testo di Manlio Ranieri su 
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fotografia di Andrea De Biasi
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