Armando e io
Aperti gli occhi si stagliavano tutte quelle colline, quegli scomparti di cielo, i moscerini a gruppi. Il vento umido del pomeriggio di maggio boccheggiava ossigeno e tempesta, rivoli di polvere e centrifughe di tempo. Armando con un filo d’erba in bocca disegnava chissà quale altra figura con la punta del naso.
-Lo faccio per liberare il collo, lo sai.-
Ancora, prima di piegarmi in due e fare leva sui muscoli addominali per alzarmi in piedi, guardo gli strappi dei miei jeans e gli chiedo: Armà, com’è la vita? Lui, mi guarda, con l’occhio rivoltato a sinistra e con voce di nuvola mi risponde: E’ un viaggio che non si deve smettere di viaggiare.
da uno scritto di Annalisa Falcicchio