Nascosto dietro due lenti da sole, guardo dall’alto questo posto. I monelli in bicicletta, le rughe sul volto e sulle braccia di questa donna. Cammino sospinto da una canzone che va tra due cuffie, infuocata come la passione di questo sole che pian piano sembra spegnersi, e ricordare i bei tempi del mattino. Due lenti blu scacciano il sole e la pesantezza di questo giorno. Tutto sommato è così leggero scendere dal treno e scivolare per queste strade. Le accarezzo con i piedi. Quasi volo, nascosto tra due cuffie e sospeso sulle note di un lamento azzurro come i miei occhiali, come il mondo alla sera. Il sole è stanco quanto me di portar pesi sulle spalle e si scrolla delle nuvole, come io mi scrollo via il fumo dei miei pensieri. Certe volte ci si dimentica quanto sia bello liberarsene, cantare e accorgersi che tutto si riduce al camminare verso casa. Tale è la metamorfosi della sera: le strade diventano fiumi di automobili e passanti, le canzoni si portano dietro una nostalgia che al mattino non era ancora nata, i sorrisi diventano rughe e i monelli sono stanchi di correre. Sono stanco di questo sole e mi nascondo dietro un paio di occhiali. Solo adesso mi accorgo che camminare è tutto ciò che conta del giorno. Questi palazzi lo sanno, mi abbracciano per la strada, abbracciano i viali e gli alberi, e anche loro si vanno a coricare. Si colorano d’amore per tutti noi esseri umani ma soprattutto passanti. È questo che siamo: pedoni per tutta una vita. Non andiamo da nessuna parte, ci basta camminare. Quanto amore ha per me questa strada! E questi palazzi meritano carezze. Tasto la loro superficie, ne assaporo il calore, ne porto via un pezzo con me. Vorrei strappare il colore di queste pareti, dei lampioni, della corteccia degli alberi, vorrei strappare i vestiti di questa città e mettermeli addosso come un lenzuolo, e sentirmi a casa. Ecco la verità. Non andiamo mai a casa per davvero, sapendo che ne usciremo di nuovo col solo intento di camminare ancora. Questa strada è la mia casa, questi alberi sono la mia casa, un mondo azzurro vissuto passo dopo passo per non andare da nessuna parte: questa è la mia casa! Stasera non andrò altrove. Siederò su una panchina, anzi per terra! In quell’angolo del parco dove il terreno è più morbido, sotto le giostrine. Nella gran stanza da letto della mia città, mi coricherò dando la buona notte al sole. Cullato da questa canzone, mi infilerò sotto una coperta immaginaria e sorriderò a quegli ingenui dei passanti, che credono che la loro casa sia solo fra quattro mura, Sorriderò conoscendo questa sacra verità. E sarà allora che, compattando un cuscino improvvisato con la mia giacca, compirò il rito quotidiano del coricarsi, pensando ma che piacere addormentarsi a casa propria! Non mi importa quando mi rialzerò. Del resto ogni giorno ci si sveglia soltanto per poi, alla sera, tornare a dormire.

Uno scritto di Roberto Cozzi
per il corso di scrittura on line Metafore di Carta 

tenuto da Antonella Petrera

foto: paisaje.urbano2012

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