La via d’uscita
Dalla finestra del suo ufficio si vedeva il mare.
Certo un magra consolazione, ma per Adelaide era sufficiente.
Abitava quel luogo da così tanti anni che ne riconosceva ogni granello di polvere e aveva imparato ad arredare ogni spazio con pensieri superflui e piante grasse.
Il suo ufficio si trovava al 7° piano di un vecchio palazzo, non ci arrivava neanche l’ascensore, bisognava fermarsi al 6° e salire una rampa di scale per approdare ad un lungo corridoio anonimo, su cui si affacciavano sei porte, dietro le quali Adelaide e i suoi colleghi quotidianamente, ricoperti da pile di scartoffie, portavano a termine il loro lavoro pazientemente, come previsto dal protocollo.
Nello specifico il loro compito era quello di accogliere, catalogare, riordinare e custodire le emozioni delle persone.
A tutti noi è capitato almeno una volta di volersi sbarazzare di emozioni troppo forti, troppo ingombranti.
Quelle che sono pesanti da digerire o da trasportare, quelle che non hanno spazio o voce.
Ecco, esattamente ciò di cui si occupava Adelaide.
Le persone provavano a cancellarle, a silenziarle, a metterle in tasca, ma non ci stavano, a spostarle, ma se le ritrovavano sempre tra i piedi, finivano col metterle in cantina, ma col tempo non ci stavano più.
Allora tutti andavano a mollarle sulla scrivania di Adelaide: paura, dolore, attesa, rabbia, rassegnazione, ma anche speranza, sorpresa, gioia ….
Lei pazientemente le accoglieva, le metteva in ordine e le riponeva. Aveva ormai riempito nei sotterranei due bunker di dolore e quasi quattro di rabbia.
A volte le sembrava di soffocare sotto tutto quel peso.
Molti si chiedevano come facessero quelli lassù al 7° piano a sopravvivere sotto tutti quei fardelli.
Una volta un amico le chiese se avesse un segreto che le permettesse di accogliere e riordinare tutte quelle emozioni, senza perdersi nel dedalo dei sotterranei.
Adelaide ci pensò un po’ su, alla fine rispose che si, in effetti un segreto c’era:
aveva tappezzato i cunicoli che dai bunker la portavano ai piani superiori di post-it attaccati con le puntine alla sua memoria, appunti che le ricordavano tutto ciò che l’aspettava fuori da quel palazzo: i lieto fine, il mare, la musica, le domeniche a pranzo con gli amici , la scrittura, la danza, il sesso, la sua gatta, i libri, il vino, la sua trasmissione radiofonica preferita, i colleghi, la parmigiana ….
Questo e altro ancora era il segreto che le permetteva di riemergere dai sotterranei ogni giorno e soprattutto di rientrare in ufficio ogni mattina, per accogliere, impacchettare, catalogare, archiviare.
Nicla Gadaleta