Maithuna
Che tanto sono sempre altrove, come te che mi sorridi da una qualche distanza chimica. E mi piace che non sai come ti spoglio mentre parliamo di satyagraha e deep web e mercatini. Mi piace che ignori il basso ventre, il circo sinaptico e tutto ciò che in me s’ accende quando parli e gesticoli e ridi e t’incazzi. Non ti accarezzerò mai i capelli prima di dormire. Tutto resta così perfetto, nell’idea di te che non mi appartieni. Con Mefistofele in tasca a San Michele sul palmo, ognuno dal suo personalissimo marasma. Incontrarsi talvolta sotto il porticato, quando piove. E decidere una birra, un tè alla mirra, i due passi lungo il binario morto. Finchè non ti vedo dimentico quella fame, il magnetismo animale, questo corto circuito. Lo schiaffo all’amigdala quando ti avvicini, il tuo odore che mi allaga lo stomaco. Ti penso bagnata sulla battigia, appena sveglia tra le lenzuola del mio letto, di profilo in macchina con le pale eoliche. Ti penso sull’erba e nella metropolitana, con le cuffie i capelli raccolti le mani in tasca il foruncolo sul mento l’agenda sottobraccio il calzino bucato i viaggi in progetto. Ti penso prendere in giro tua madre e giocare a rincorrere il cane scrivere poesie dimenticare la carta igienica citare Freud inventare un modo per fare pace con tuo marito. Mi basta la fantasia dell’insieme. Non posso viverti veramente. Per questo prendo da te tutto il meglio. Per questo ti amo. Ti invento ogni giorno per proprietà transitiva e faccio l’amore con te. Ogni giorno. E ogni giorno sei tutto quello che vorrei. Ti penso stanca sul divano a prendere decisioni cruciali, dal lusso di questi margini. Amandoti con la foga cardiaca delle dita. E non farò un solo passo verso di te, come potrei? Distruggere te e tutti i miei sogni? Te che sei già presa e amata e io che non ho niente. Mi piace che non pensi mai a come ti guardo e a tutti i posti in cui ti ho portata con la mente, a tutte le volte che ti ho stretta a me e baciata e presa in giro. Mi piace essere come un fratello perché tutto appassirebbe se ti accorgessi di quanto ti amo. Io non smetterò mai di sfogliare Margherite e cercare quel brutto mazzo di fiori gialli. Non smetterò mai di scendere nell’Ade senza tornare alla vita voltandomi, solo come certe stelle o la cenere sfuggita ai finestrini. Che se pure esistesse una qualche coordinata spazio-temporale su cui camminare a dita incrociate, forse rovinerei tutto. Come da bambino i colori a cera. Col fare randagio di chi prende a noia le strade battute e s’innamora dei vicoli ciechi. Resti la mia bellissima isola sconosciuta. Io per te l’origami che ti fa sorridere a volte. E non puoi stropicciare.
Delia Cardinale