#AnotherPuglia – Siponto e la basilica di S.Maria Maggiore
Il cielo in una stanza.
Più o meno ogni italiano vivente conosce questa canzone, dalla nonnina ottuagenaria al giovane rocker incallito, dal sessantottino ingenuo che amava i Beatles e i Rolling stones allo studentello con la testa infarcita delle rime sincopate del rap. E chiunque di noi l’abbia ascoltata – più o meno involontariamente – e abbia la capacità di volare un po’ con la fantasia, dev’essersi figurato in qualche modo quella stanza con gli alberi per pareti e il soffitto viola che diventava cielo.
Se siete in Puglia e dal Tavoliere imboccate la strada che s’invola verso il Gargano, appena prima di costeggiare Manfredonia, avete l’occasione di visualizzare qualcosa di molto simile a quello che dovreste aver immaginato, librandovi con l’immaginazione, nell’ascoltare quelle parole.
Siamo a Siponto: località balneare della provincia di Foggia. A mio modesto parere si tratta di una delle zone in cui il mare è il peggiore della regione, per cui non ci soffermeremo su questo; vale la pena ricordare, invece, che ci troviamo in una delle aree archeologiche più importanti d’Italia.
In particolare, a Siponto, c’è una bellissima chiesetta, situata tutt’ora quasi in aperta campagna, eretta nel 1117: la Basilica di Santa Maria Maggiore.
Piccola, bianca come la pietra calcarea che fa da fondamenta a tutta la Puglia, rifinita in archi e rombi che si susseguono geometricamente e apparentemente buttata lì: su un ritaglio di pavimentazione appoggiata sul terreno come una tovaglietta americana da colazione su una tavolata immensa.
Ma c’è un motivo se questa chiesa è stata costruita qui, ed è la presenza dei resti – sito archeologico, dicevamo – di un’antica basilica paleocristiana: si è voluta preservare e conservare la sacralità del luogo, dunque.
Ai giorni nostri, di quella basilica antecedente non sono rimasti che i contorni delle mura, disegnati a pietra nel terreno; eppure qualcuno ha avuto l’idea di ricrearla senza ricostruirla (opera che, in tempi contemporanei, sarebbe stata impossibile senza mandare al diavolo l’importanza archeologica del sito).
Quando mi sono trovato davanti alla ricostruzione della basilica paleocristiana, realizzata interamente in rete metallica, mi si è stretta la gola in un nodo di meraviglia e ho pensato immediatamente di essere davanti alla creazione di un genio: ricordo perfettamente il momento in cui la mia mente ha formulato proprio questa parola.
Immediatamente dopo, un totem informativo mi ha rivelato che quando l’artista, nel 2016, ha terminato l’opera non aveva neanche trent’anni.
E lì – devo ammetterlo – mi son fatto prendere la mano da un po’ di quei pensieri patriottici, quelli buoni però: quelli che pretendono di ostentare un po’ di orgoglio senza necessariamente voler prevaricare nessuno. Sono stato felice che l’Italia sia ancora in grado di esprimere talenti artistici contemporanei di questo livello e che l’amministrazione pubblica – in questo caso la Soprintendenza archeologica della regione Puglia – abbia saputo farsi venire un’idea così originale per valorizzare un luogo bello e importante e, al contempo, il lavoro di uno scultore giovane e intraprendente.
La luce che filtra attraverso le pareti, il cielo al posto del soffitto sono emozione pura; di sera, con l’illuminazione artificiale, il buio assume un valore diverso, crea atmosfera piuttosto che spaventare.
Possiamo provare a fermarci lì, al centro dell’opera, e immaginare come diventa una stanza “quando sei qui con me”. Possiamo osservare le nuvole che si spostano nel cielo attraverso le pareti. Possiamo sentirci liberi.
Testo e fotografie di Manlio Ranieri
#AnotherPuglia – Siponto e la basilica di S.Maria Maggiore di Manlio Ranieri è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
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