#AnotherPuglia – La gravina di Riggio
Se vi dico di pensare alla Puglia, qual è la prima immagine che vi viene in mente? Scommetto che la maggior parte di voi risponderebbero con una cartolina da una spiaggia meravigliosa come certe perle salentine, un centro storico di case di pietra bianca, i trulli o gli uliveti.
A nessuno, probabilmente, verrebbe in mente di associare il tacco d’Italia a una vallata rigogliosa, sovrastata da una cascata e attraversata da un ruscello.
In realtà la regione è disseminata di gravine e lame, ossia di solchi, di ferite nella terra che si ergono come baluardi di un antico scorrimento di acque, che oggi si rinnova solo saltuariamente, una volta ogni due o tre anni, a seguito di piogge torrenziali.
Nella provincia di Taranto, fra Grottaglie e Martina Franca, esiste un posto in cui sembra di infilarsi in un’altra dimensione e in un’altra epoca: la gravina di Riggio. Come tantissime delle gravine pugliesi, le pareti di quella di Riggio sono ricchissime di grotte e insediamenti rupestri, molte delle quali presentano fossili e incisioni: la zona sarebbe meravigliosa e imperdibile già solo per queste.
Ma non è tutto.
Dalla strada, intrufolatevi verso il sentiero che conduce sul fondo della vallata, poi trovate un masso abbastanza grande da stendervi su e guardate il cielo, osservando passare gli aerei e chiacchierando con gli alberi che occhieggiano dai terreni sovrastanti, quelli del piano stradale.
Tutto questo sarà accompagnato, in sottofondo, dal suono dell’acqua che scorre, anzi: che precipita. Il punto in cui la gravina spacca il terreno, infatti, si trova sul percorso di un greto che porta l’acqua piovana dalle colline di Martina Franca verso il mar Ionio e, dunque, durante le stagioni più piovose è facile trovarsi di fronte allo spettacolo di questo ruscello che, nel suo cammino, incontra il vuoto e si va a tuffare una quindicina di metri più in basso, in un laghetto, ai piedi della cascata spettacolare.
Sì: siamo in Puglia, non in Trentino né in Abruzzo. Certe cose capitano anche a queste latitudini, sebbene piuttosto raramente.
La roccia racconta storie millenarie, l’acqua le scrive, la vegetazione se ne disseta. Il fondo di questa vallata sarebbe un posto prezioso per fermarsi ad ascoltare la natura, per parlarle, dare nomi agli alberi o chiacchierare con la fauna, per camminare in silenzio e seguire il corso delle acque, cercando di carpire le voci degli antenati che, in quelle grotte, hanno abitato o si sono riparati.
È necessario fare un paio di precisazioni, a chiusura di questo articolo: la prima, doverosa, è che la gravina e la cascata si trovano in un’area di proprietà privata, per cui l’accesso non sarebbe consentito. Per questo motivo, è preferibile recarsi a visitarla con escursioni organizzate da gruppi e associazioni che abbiano il contatto con i proprietari, e che possano richiedere l’autorizzazione all’accesso e, contemporaneamente, garantire che la gita si svolga in piena sicurezza. La seconda è che, come si è già accennato, il corso d’acqua è a carattere torrentizio, e dunque nelle stagioni più secche è molto facile trovarlo prosciugato; dunque è bene scegliere il periodo per effettuare la visita, magari a seguito di giorni in cui ci sono state precipitazioni importanti, per godere appieno dello spettacolo. Intendiamoci: la vista della gravina è mozzafiato anche in assenza della cascata, però lo spettacolo, al completo, è qualcosa di imperdibile.
Testo e fotografie di Manlio Ranieri
#AnotherPuglia – La gravina di Riggio di Manlio Ranieri è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
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