Le rivoluzioni partono dalla testa
Siamo d’accordo: in Francia le rivoluzioni le sanno fare meglio di noi, la storia ce l’ha insegnato. Infatti loro oggi sono in strada mentre noi condividiamo la notizia su Facebook indignandoci perché gli italiani non sono capaci di una simile azione. Come se noi stessi non fossimo italiani.
Tuttavia, senza voler sminuire il senso di frustrazione che noi italiani – giustamente – proviamo di fronte alla nostra stessa incapacità di fare rivoluzioni, oggi mi preme entrare nel merito della protesta.
Sì, perché scendere in strada per protestare contro l’aumento del gasolio è un atto forte, ma al tempo stesso fortemente egoistico: in realtà non ha molto di rivoluzionario.
La vera rivoluzione che farebbe bene al mondo, e non solo alle nostre tasche, sarebbe ingegnarsi per usare meno la macchina.
Pensateci: le tasse sui carburanti si alzano. Ci arrabbiamo e facciamo scoppiare un putiferio al fine di farle abbassare. Magari ci riusciamo, e così il prezzo della benzina scende nuovamente di qualche punto percentuale. A questo punto possiamo tornare a usare la macchina come prima, senza farci troppi scrupoli di coscienza.
I petrolieri ringraziano.
Avremo fatto un grosso favore al peggior attore del sistema capitalistico, e ferito l’ambiente in cui viviamo. Insomma: alla fine ci si ritorce contro da tutti i lati.
Vogliamo pensare a una vera rivoluzione? Usiamo i mezzi pubblici. Laddove non sia possibile, mettiamoci d’accordo con i colleghi per andare a lavoro in tre o quattro con una sola auto, piuttosto che con tante quante sono le nostre teste replicanti.
Spostiamoci in bicicletta: risparmieremo anche sulla palestra. Cinquanta euro al mese che già da sole basterebbero a compensare il centesimo al litro in più che costa il carburante; senza contare quanti litri ne risparmieremmo, e quanti fumi tossici risparmiamo all’aria che respiriamo.
Le rivoluzioni, quelle vere, partono dalla testa, e solo dopo arrivano alla pancia.
Testo e fotografia di Manlio Ranieri
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