In evidenza: Henri Rousseau, il sogno, 1910, Museum of modern art, New York

Per quanto Francesco D’Assisi parlasse agli uccelli e San Antonio [vedi dipinto di Arnold Böcklin, Sant’Antonio predica al pesce1892] predicasse ai pesci non sempre è possibile stabilire un rapporto affettivo con chi fa parte di un mondo diverso dal nostro. Come già avevo accennato in filosofia del viaggio nel tempo l’essere umano imita il mondo superiore degli uccelli, condividendone tuttavia poche o nessuna caratteristica; gli uccelli non hanno un’anima con noi umani, hanno un sistema percettivo e di coscienza paragonabile con il nostro, ma sicuramente non provano sentimenti. La vita contemporanea ci presenta casi limite, di cui certo non bisogna meravigliarsi. Il caso limite è l’utilizzo del termine padre  e madre per coloro che posseggono un cane. Per i proprietari della bestia nessun problema, addirittura per non farlo sentire solo, lo mandano all’asilo, in cui può socializzare e nel quale vengono stilate delle pagelle di comportamento che riportano la condotta del cagnolino; ad esempio:  … si è dimostrato poco attento ai richiami del maestro, … insiste nel corteggiare le femmine del gruppo. Dopo le ore dell’asilo mi immagino i genitori  del cane che vanno a prelevarlo dal luogo di gioco e lo riportano a casa. Fin qui tutto bene, cosa c’è di male? Ognuno decide cosa fare del proprio affetto, ognuno decide a chi indirizzarlo. Sempre gli stessi genitori parlavano di una necessità del cucciolo di vedere altri suoi simili, per evitare la depressione e poi il  successivo consulto psicologico. Lodevole, non vi pare? Sembrerebbe che i genitori di quel cucciolo abbiano cura di un loro figlio. In filosofia, e più specificatamente in Logica, si definisce errore categoriale predicare in maniera errata di un soggetto: Socrate è cavallo. Associare un elemento x ad un insieme errato. Lo stesso avviene qui, sia nel linguaggio, sia nella denotazione. Non è soltanto un problema di espressione, ma è uno più grave di Etica e di morale oltre che di natura biologica. Se l’essere umano si è sviluppato mediante evoluzione o creazionisticamente, in una certa direzione ci saranno stati determinati fattori che hanno portato alla selezione naturale di quegli individui più adatti alla sopravvivenza. Questo vuol dire che cane e uomo, più facendo parte entrambi del regno animale, sono per essenza diversi, dunque non possono dirsi allo stesso livello al punto di dire padre e madre di un cane. Il cane nasce da un esemplare femmina  e da un esemplare maschio che rispettano le leggi della loro  particolare natura biologica, frutto dell’evoluzione e degli ambienti in cui hanno vissuto. Il cane, pur essendo una versione più dolce e potenzialmente domestica [abitavano la domus romana] dei canidi, tuttavia partecipa delle caratteristiche essenziali della specie. Il cane ha vissuto come  il Lupo, gli sciacalli, il licaone, la volpe la vita selvaggia e non può essere portato  sullo stesso livello di noi esseri civilizzati. Possiamo amare gli animali? La risposta è no. Attenzione, utilizzate l’intelligenza, questo non vuol dire odiare gli animali o ritenerli inferiori. Significa considerarli diversi, come è diverso da noi un tavolo. Per questo applicare categorie umane come depressione, solitudine o emozioni è fuorviante. Stabilire uno stile di vita asservito ad una bestia è controproducente e contro natura. Il cane sa cavarsela, sopravvive anche da solo. La questione legata al contemporaneo è la malattia della solitudine di noi umani; la capacità di provare affetto per i nostri simili, come dovrebbe essere naturale, è ridotta ai minimi termini. Non siamo in grado di amare il prossimo, ma amiamo gli animali. Eccellente, ma l’animale non vuole essere amato, perché l’amore è cosa umana, è un’azione che deriva da una causa diversa rispetto al cervello di un animale. L’animale sembra ricambiare il nostro affetto, ma non è così, forse non lo merita. Riversiamo tutte le nostre energie psichiche in un essere che in realtà ama tutti; il cane è amico di tutti. Non è una posizione anti-animalista. Richiede riflessione e sforzo di comprensione. Si parla, per chi ha un po’ di confidenza con la psicanalisi, di nevrosi. La nevrosi è una psicopatologia con la quale si vive comunque (non si è psicotici) ma che contiene un errore di condotta. Chiamare figlio un cane è nevrosi. Tra le tante nevrosi della società contemporanea  questa è quella più squallida. Le stesse persone che mostrano tanto amore per un cane, non hanno pensato mai di adottare un figlio o di farne uno. Il ruolo della nostra legge biologica è fare figli, non adottare e amare chi non condivide con noi la stessa storia biologica. Impariamo a voler bene i nostri simili, a comunicare, a praticare affetto vero. Siamo umani.

 Giovanni Sacchitelli

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