Sabbie mobili
“La cosa più pericolosa da fare è rimanere immobili”.
Lo diceva William Seward Burroughs.
Immagino avesse le sue ragioni per affermarlo con tanta sicurezza. E per quanto io le rispetti tutte, le sue ragioni, nel mio piccolo mi permetto di dissentire .
Pensate a cosa ci dicevano da bambini quando un’ape ci ronzava intorno: “rimani fermo, non agitarti “, perché ogni movimento avventato avrebbe potuto spaventare l’animale portandolo ad optare per la migliore strategia di difesa: l’attacco.
O anche davanti agli orsi pare si debba rimanere immobili e fingere una totale calma e padronanza di sé, per evitare di essere aggrediti.
Io non ho molta competenza in materia e nello specifico ammetto di non aver mai incontrato un orso, ma negli anni ho maturato la consapevolezza che a volte nella vita l’immobilità non sia una pratica da disprezzare.
A volte ci affanniamo cercando soluzioni, ci sostituiamo ad altri, occupiamo le giornate. Il fare ci fa sentire utili ci impedisce di pensare e ci illude di poter avere il controllo su tutto.
Dopo un incalcolabile numero di errori e un ancor più grande numero di fallimenti posso concludere, con cognizione di causa, che in certe situazioni l’azione può solo complicare le cose.
Pensate alle sabbie mobili. Ormai è scientificamente provato che essendo costituite da un aggregato instabile di acqua e sabbia, se si è finiti dentro, agitarsi peggiora solo la situazione. Il movimento contribuisce ad annullare l’attrito tra i granuli e facilita lo sprofondamento.
Io credo che a volte nella vita sia esattamente così.
Ci sono momenti in cui più ci si affanna e più ci si sente risucchiati verso il basso.
Ogni movimento non fa altro che portarci sempre più giù, rendendo difficile liberarci.
Credo che rimanere immobili e provare a galleggiare sia ciò che di più sano ci rimane da fare.
Esistono volte in cui lasciar andare le cose o le persone per quanto doloroso sia, si rivela l’unica strada percorribile.
Lottare e rimanere legati con le unghie e con i denti, può essere indubbiamente valoroso ma non necessariamente giusto.
Probabilmente è la stanchezza che mi fa parlare o magari per alcuni sarà addirittura codardía.
Io credo semplicemente che, a volte, mollare i pesi e stare a guardare ciò che accade sia qualcosa che dobbiamo a noi stessi, fosse solo per provare a vedere come ci si sente a respirare.
E per quanto tecnicamente sarebbe un ossimoro, io credo che, con buona pace del signor Burroughs, l’immobilità sia un atto altrettanto dignitoso e coraggioso di qualunque altra rivoluzione.
Nicla Gadaleta