Il piacere di leggere
In evidenza: Natura morta con donna addormentata, Henri Matisse, 1940
Leggere è o dovrebbe essere un piacere, come dovrebbero esserlo movimenti automatici come camminare o respirare; se la lettura è una sospensione dal senso di realtà, come il cinema, o come l’ingresso in un museo, la sua connessione con il provare piacere non è del tutto necessaria. Chi aveva preferito come Proust la negazione del senso di realtà, vivendo con le imposte chiuse andando alla ricerca di quel tempo perduto, aveva scritto un libretto chiamato appunto il piacere di leggere. In esso, vi sono narrati episodi d’infanzia, il momento della lettura che veniva subito interrotto dalla chiamata al pranzo (simbolo materiale per eccellenza del basso-materiale corporeo cfr. Bachtin, Estetica e Romanzo). Leggere è un piacere, ma non sempre lo è. Sicuramente sono pochi quelli che si addormentano leggendo un testo di analisi matematica, provando piacere alla visione dello studio di funzione e del calcolo integrale. In quel libretto di Proust (1905), c’è una nota speciale riguardante il maggiore interesse della lettura rispetto al dialogo.
[…] di colpo la capacità di pensare da sé e di creare. Ora, quest’impulso che lo spirito pigro non può trovare in sé e che gli deve venire da altri, è chiaro ch’esso lo deve ricevere in seno alla solitudine, fuori della quale, — lo abbiamo visto, —non può prodursi quell’attività creatrice che si tratta precisamente di risuscitare in lui. Dalla pura solitudine quello spirito non potrebbe trarre nulla, perché esso è incapace di mettere in moto da sé la sua attività creatrice. Ma la conversazione più elevata, i consigli più insistenti, non gli servirebbero neanch’essi, perché non possono produrre direttamente tale attività originale. Ci vuole un intervento che, pur provenendo da un altro, si produca nel profondo di noi; lo stimolo di un altro spirito, ma ricevuto in seno alla solitudine. Orbene, noi abbiamo visto che tale è precisamente la definizione della lettura, e che essa conviene solamente a questa. L’unica disciplina che possa esercitare un’azione efficace su tali spiriti è, dunque, la lettura: come si doveva dimostrare, direbbe un matematico. Ma, anche in questi casi, […]
Da dove si capisce bene l’assiomatica fondante del pensiero puro. Pensiero puro, per chi non ha confidenza con la terminologia filosofica, vuol dire che si sviluppa fuori da ogni esperienza e prima di ogni esperienza possibile. Un pensiero puro non è un pensiero casto o angelico, è un atto teoretico che anticipa l’esperienza. Se leggere è un piacere, e questo piacere deriva da una comprensione ed un gradimento dell’oggetto in questione, il risultato finale non può che essere un dialogo esatto, fruttuoso, utile. Non è un ammissione di misantropia o una celebrazione del solipsismo quella che vuole lo spirito solitario che agisce su di sé tramite il dialogo fruttuoso della lettura. Bachtin, autore celebre per la polifonia, definiva la lettura come un dialogo, leggendo noi instauriamo un dialogo con l’autore. La sua è una filosofia imperniata sulla concezione dialogica dell’essere; questa visione della lettura, unita alla teorizzazione di Proust, è assiomatica all’anticipazione dell’esperienza. Un pensiero che si sviluppa a priori, ha in sé una maggiore nobiltà ed è costituito di atomi verificati dal suo stesso portatore: il soggetto. Pascal decise di dedicarsi alle scienze umane dopo i suoi studi matematici, convinto che ciò che è proprio dell’homme è la conoscenza di se stesso. Per quanto gli studi matematici siano necessari per la costruzione (anche fisica) della società, l’uomo deve avere come obiettivo quello di conoscere se stesso. La storia dei sentimenti, la loro rappresentazione, lungi dall’essere rintracciata nel volgare spirito scientifico (Goethe, Werther) è nelle scienze umane: filosofia, letteratura. Per questo Proust decide che è meglio affidarsi a chi ha già saputo meglio di noi scandagliare le profondità dell’animo umano, che non alla casualità del dialogo. La prostituzione fratenaria, citando Baudelaire. Quante volte ci sembra di parlare a vuoto, di sprecare le nostre energie inutilmente, di arrabbiarci inutilmente. Soprattutto quando abbiamo di fronte persone poco sveglie (cfr. Dialettica della stupidità). La creazione di una coscienza critica è indissolubilmente legata a chi frequentiamo. Seneca nelle epistole a Lucilio raccomanda la scelta specifica riguardo alle frequentazioni. Andare con le persone sbagliate, ci farà diventare come loro. La concettualizzazione ha come base idee semplici, intuizioni, che poi vengono legate in maniera complessa fino a formare convinzioni religiose, politiche, filosofiche. Ma queste idee sicuramente non vengono ex nihilo, dipendono da chi conosciamo e in che posto ci troviamo; quest ultimo a sua volta ci offrirà stimoli positivi o negativi. Montaigne si rinchiuse in una torre. Ognuno sceglie come crede se entrare a far parte della comunità che lo circonda o se fare l’eremita. Per un cattolico questo ritiro, per quanto affascinante è solo l’ombra della luce [“il silenzio che ho sentito in certi monasteri è solo l’ombra della luce” Battiato, 1991]. Ma qui non parlo di vita oltre terrena, di paradiso o inferno. Su questo mi riserbo il resto dei miei giorni per capire davvero se c’è o meno qualcosa di trascendente. Restando con i piedi per terra, viviamo il presente, la vita dell’oggi, tuttavia non si può stare con tutti, bisogna scegliere. Il compagno prediletto è il libro. Non tutti i libri, alcuni sono pieni tanto di parole che di menzogne. Per Proust, un libro giusto è quello che suscita un’azione interna, tale che noi miglioriamo in quel senso, acquisendo nuove qualità interiori. Gli animi eletti che partecipano dell’essere trascendente, assunto che esista, sono individui che muovono la storia, in un senso di progresso. Ascoltando i pensieri più acuti di questi spiriti illuminati possiamo essere un po’ come loro. Ma tutto questo a patto che si stia da soli, come in quel quadro eloquente di Rembrandt (filosofo in meditazione); soli e concentrati ad ascoltare chi ha saputo meglio di noi pensare la realtà che lo circondava. Meglio un libro che una persona, senza dubbio.
Giovanni Sacchitelli