Il Rinascimento  è stato alla fine del medioevo, epoca notoriamente oscura (anche se per molti aspetti non fu così) un momento di rinascita e di innovazione generale nel campo delle arti, della tecnica, della letteratura, della filosofia. Potrebbe essere definito la primavera della civiltà se paragonato alla sterilità e alla cultura verticale dell’età di mezzo. Dopo i fasti dell’età classica greco-romana e la fine dell’impero romano ha inizio un periodo di austerità, di buio che terminerà poi, almeno formalmente, con la scoperta dell’America e l’inizio dell’età della rinascita. La primavera, basta guardare i mandorli in fiore di Van Gogh (Ramo di mandorlo in fiore , 1890, realizzato a Saint Rémy. La tela fu un regalo che lo stesso pittore fece al fratello Theo Van Gogh e alla moglie Johanna Bonger per la nascita del loro figlioletto, di nome Vincent Willem.) o la celebre primavera del Botticelli (1482 Dominano il centro della composizione, leggermente arretrati, la dea dell’amore e della bellezza Venere, castamente vestita, e Cupido, raffigurato bendato mentre scocca il dardo d’amore.  A sinistra danzano in cerchio le tre Grazie, divinità minori benefiche prossime a Venere, e chiude la composizione Mercurio, il messaggero degli dei con indosso elmo e calzari alati, che sfiora col caduceo una nuvola. Pur rimanendo misterioso il complesso significato della composizione, l’opera celebra l’amore, la pace, la prosperità.) è una nuova vita che si genera su un organismo che era arido e inanimato. La cultura rinascimentale fu questo per la civiltà, una primavera; dalla materia medioevale dei monasteri, delle scholae, dell’arte medioevale stilizzata, prende vita una nuova teoria dell’esistenza. La vita non è soltanto un momento transitorio in cui bisogna lavorare con il sudore alla fronte (come fu l’editto dopo il paradiso dell’Eden), non più un momento fugace in cui non bisogna commettere peccato (tutta la cultura medioevale è imperniata sulla figura predominante della Chiesa), bensì si afferma un modello orizzontale. La primavera come simbolo di vita dopo la durezza dell’inverno, è la celebrazione della vita, quella fisica, non spirituale; ad alimentare i rami delle piante non c’è pensiero, c’è linfa vitale, ed è palpabile, tangibile, terrena, empirica, non metafisica. Il Medioevo, sia nella cultura, che nell’arte, volle Dio al centro dell’universo e la vita terrena come un medium verticale al raggiungimento del Ente. Parlo di verticalità in quanto la vita terrena, che era vista come sacrificio, rinuncia, preghiera, austerità, repressione (sia sessuale che teoretica, basti pensare che l’esercizio della logica formale era visto come il diavolo in cattedra) era una scala tramite la quale accedere al mondo superiore degli eletti. Non tutti potevano accedere al Paradiso, per farlo bisognava mortificare la carne, essere solo pensiero, stringendo i denti fino a che c’era la ricompensa ultraterrena.

Questo modello di vita viene ricreato dal modello rinascimentale. Con la fine dell’età buia, si afferma una cultura di tipo orizzontale, che esalta il qui ed ora e non la vita del mondo che verrà; la visione della vita orizzontale mette al centro dell’universo l’uomo. L’essere umano è al centro dell’universo ed è faber fortunae suae. Da qui il parallelo con la primavera come rinascita del corpo. Mentre nel medioevo il corpo era strumento del peccato, doveva essere trascurato, era solo un involucro del pneuma (soffio vitale in greco), ora il corpo non è involucro dell’anima, ma del pensiero. Nessuna vita ultraterrena, soltanto il qui ed ora, per una visione della vita orizzontale che porti dall’uomo a all’uomo, senza il timore di essere giudicato e senza vivere con pienezza i giorni che si ha la fortuna di vivere.

Giovanni Sacchitelli

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