Daniel Johnston, quando la follia diventa musica
“Molte delle cose peggiori dette su di me le ho dette io stesso.”
Daniel Johnston
Dan ha sempre voluto essere un artista, i suoi idoli sono i Beatles e quella sera del 1990 quando canta agli Austin Music Awards, sembra che ce l’abbia finalmente fatta. Ma Dan ha un problema – soffre di schizofrenia e sindrome bipolare – e per questo è già stato ricoverato diverse volte. Adesso prende delle medicine che lo fanno stare meglio, ma i suoi amici e parenti ignorano che quando deve suonare Dan smette di assumerle due settimane prima, per non sentirsi intontito. Sa che così il concerto sarà più bello, ed è vero. All’inizio non ricorda le parole né gli accordi (non suona da due anni), ma è comunque un successo: i tremila spettatori dell’Auditorium Palmer sono entusiasti, la gente finalmente lo ama.
Daniel però non sta bene, è irrequieto. Il padre non ci dà molto peso e lo porta con sé sul piccolo biplano con cui devono tornare a casa. Durante il volo Dan legge uno dei suoi fumetti preferiti, Casper il fantasmino. L’albo che ha in mano racconta una storia in cui Casper e il suo amico Spooky si lanciano col paracadute. E la mente delirante di Dan lo convince di essere davvero Casper, così dice al padre che devono subito lanciarsi fuori. Col paracadute. “Non abbiamo paracaduti a bordo”, gli risponde quello. Ma Dan con una mossa fulminea spegne il motore dell’aeroplano e lancia le chiavi d’accensione dal finestrino. Dopodiché prende i comandi e si getta in picchiata. Dopo un momento d’incredulità, il padre riprende il controllo e riesce a compiere un atterraggio di fortuna, distruggendo il veicolo ma uscendone con pochi graffi. Dan è entusiasta, pensa che sia stato un bellissimo volo, e continua a ridere mentre gli agenti lo portano in manicomio.
È sempre stata così la vita di Daniel Johnston: ogni volta che stava realizzando i propri sogni, accadeva immancabilmente qualche catastrofe. Ed è così la vita di ogni persona che soffre di sindrome bipolare, in una continua alternanza fra entusiasmo maniacale ed estrema depressione. Ma questa volta succede qualcosa di diverso. Il cantante della band più famosa del mondo, un biondino di Seattle, indossa durante l’esibizione agli MTV Awards la t-shirt del suo album Hi, How are you?, disegnata da Johnston stesso. E Kurt Cobain continua a mettere quella maglietta per mesi. Così, mentre si trova ancora ricoverato, Dan diventa davvero famoso.
Sono lontani i tempi in cui, dopo un crollo nervoso, ha abbandonato la scuola d’arte, unendosi a un luna park itinerante dove vende popcorn. In quegli anni difficili Johnston ha composto tantissime canzoni dedicate al suo unico grande amore, Laurie, che ha preferito sposarsi con un impresario di pompe funebri. Registra tutto ossessivamente con un registratore da quattro soldi, e poi distribuisce le sue musicassette alla gente che trova per strada, sperando che qualcuno le ascolti. Alla fine qualcuno lo fa davvero e si accorge che quel ragazzo così strano ha un talento incredibile.
Dan riesce infatti a creare piccoli gioielli pop, combinando una voce spettrale da bambino spaventato e dolente a melodie lennoniane. Le sue registrazioni, involontariamente grezze, sono considerate il primo esempio di quel lo-fi che caratterizzerà tanta musica degli anni 90. E Daniel Johnston viene acclamato fino a diventare protagonista di un documentario pluripremiato, The Devil and Daniel Johnston (2005). Ormai è diventato il “Van Gogh dell’outsider music”, il massimo esempio di musicista autodidatta, al di fuori dei comuni standard compositivi e delle convenzioni liriche.
Nel novembre 2015 esce altro breve film, Hi How Are You Daniel Johnston?, che vede la collaborazione di Soko e Lana Del Rey, consacrandolo definitivamente a idolo degli hipster. Ignaro di tutto ciò, lui continua a vivere coi genitori e a comporre canzoni che dimenticherà il giorno dopo e ogni tanto è ancora convinto di essere Casper, il fantasma buono che non ha amici perché il suo aspetto terrorizza le persone normali. Che il cielo ti benedica, Dan.