In evidenza: Gary Oldman e Keanu Reeves in Dracula, Francis Ford Coppola, 1992

La paura dei fantasmi, come qualcosa di estraneo che ad un certo punto invade il nostro campo percettivo, discende direttamente da una precisa volontà dell’uomo di sbarazzarsi di certe implicazioni metafisiche del suo pensiero; essendo il fantasma uno spettro (come il corpo astrale non è percepibile) che come dice la parola stessa (dal latino spectrum, derivato di specere, guardare) è uno specchio  di un corpo, associamo direttamente questa presenza ad una negatività che venendo dall’altro mondo ci tormenta e provoca timore. Ammesso che esista un mondo oltre la percezione, questo non vuol dire necessariamente che esso sia culla di anime in pena (o in transito) pronte a scendere sulla terra per farci “paura”. Prescindendo dalle anomalie percettive o dalle patologie psichiatriche, credere nella presenza di spettri, come tante questioni umane altro non è che un’invenzione ad hoc per motivi anche solamente pragmatici. Penso al film di un po’ di tempo fa The Village (con le “creature” create a posta perché gli abitanti del villaggio non superassero il confine e approdassero al mondo civilizzato) o al film The Others, con Nicole Kidman, e già il titolo stesso ci fa capire l’atteggiamento psicologico alla base della credenza negli spettri. Spesso, soprattutto nel folclore popolare, i fantasmi di parenti odiati o apprezzati, che mandano messaggi importanti dal al di là, legati a faide ereditarie o a Super-Io introiettati nel soggetto: ad esempio se ho avuto sempre un padre severo e questo mi vieta di fare qualcosa, mi sembrerà di vedere lo stesso mentre in atteggiamento punitivo mentre mi dice di non fare quella determinata cosa. Si pensa di vedere o ascoltare voci di fantasmi in luoghi di morti violente, o di quelli murati vivi, e questo non fa che confermare la teoria in base alla quale c’è un salto metafisico in virtù del quale ci aspettiamo e costruiamo a priori un possibile legame con il mondo empirico; ad esempio, se facciamo un torto a qualcuno o comunque qualcosa per la quale il soggetto interessato potrebbe rivalersi su di noi automaticamente proiettiamo questa conseguenza nel mondo reale, pur essendo logicamente non interessato dall’azione di chi è defunto. Anche per i non credenti questo atteggiamento è un retaggio culturale del cattolicesimo, per il quale è centrale il tema delle anime nel mondo che verrà. Come se inconsciamente l’essere umano volesse a tutti i costi la continuazione del mondo terreno in un al di là magnifico (anche per i laici). Paura dell’anima di avi che potrebbero rompere la regolarità (miracolo vuol dire proprio questo, irrompere nel fluire razionale degli eventi; miracolo = dal latino miraculum, cosa meravigliosa) per ricordarci dei torti subiti o per ammonirci riguardo a scelte discutibili nelle nostre condotte terrene. C’è anche un lato sentimentale, nella credenza nei fantasmi, un desiderio (che può essere dedotto dall’ipotesi di cui sopra relativa al salto metafisico) di presenza costante (simile al concetto di angelo custode cattolico) al nostro fianco di chi abbiamo perduto, che ci veglia e ci protegge, o ci consiglia. I fantasmi o sono buoni o sono cattivi. Perché un essere appartenente ad un altro mondo dovrebbe per forza di cose proteggerci ? Perché dovrebbe vegliare sulle nostre vite? Altro esempio pratico riconducibile alla teoria del salto metafisico: l’attribuzione (come per i santi, i beati) di poteri appartenenti al mondo empirico (consiglio, aiuto, previdenza, provvidenza) per esseri impalpabili. Solo spirito. Ma sulla credenza nell’anima si aprirebbe un discorso troppo ampio, basti considerare l’equivalenza tra fantasma-spirito e anima. Molte volte la credenza nei fantasmi nasce per noia o per animare le cripte fredde e le stanze troppo vuote dei castelli; i fantasmi poi appaiono sempre di notte, accompagnati dalle figure gotiche del gufo, del pipistrello, del lupo. Non è logico pensare che l’essere defunti da quattrocento anni  sancisca il carattere demoniaco e pericoloso di un defunto. Simile al tema dello spettro è quello di cui parla Bram Stoker nel Dracula (1897). Qui si parla però di un tema più complesso e culturalmente pregnante che è quello sangue-vita (blood is life) e del amore eterno, tuttavia la definizione del vampiro come non-morto, con quella negazione che in logica apre una serie di significati, si avvicina alla credenza nei fantasmi. Se Stoker ha pensato un non-morto, ha incluso in questa espressione una volontà di ancoraggio al mondo sensibile anche per chi è ormai defunto da secoli (Dracula muore al tempo delle crociate, cavaliere del Sacro Ordine del Dragone).

Ma la più intelligente parodia al genere del fantasma è quella di Wilde nel suo celebre fantasma di Canterville. Ambientato nell’Inghilterra di fine ottocento, vede protagonista Sir Simon, nobiluomo del tardo cinquecento. Questo fantasma fa di tutto per spaventare i suoi coinquilini (indossando ferrose armature o facendo ritrovare puntualmente una macchia di sangue rosso sul tappeto), ma non ci riesce, perché ciò che non si vede, semplicemente non esiste.

 Giovanni Sacchitelli

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