Smoke
Lo chiudo, questo negozio, certo: lo chiudo perché non posso fare altro. Non perché fossi in difficoltà economiche – tutt’altro, andavo a gonfie vele – né per colpa di un obolo troppo alto da versare alla malavita.
Ci hanno provato, a intimidirmi, sapete?
L’hanno fatto con me e con gli altri titolari di esercizi simili.
Gli davamo fastidio, gli smangiucchiavamo mercato, toglievamo dalla strada ragazzini imberbi che, fino al giorno prima, erano per loro facili prede: li abbordavano con il fumo, poi passavano ad offrirgli un pizzico di cocaina, alla fine li ingoiavano nella trachea umida e puzzolente dell’ero. Perché i pischelli, a tredici anni, mica ci si tuffano così, a cuor leggero, nel pozzo dalle pareti ammuffite e impossibili da risalire delle droghe pesanti: li devi lavorare ai fianchi, invogliare gradualmente.
Alla fine, dove non sono arrivati loro con i loro metodi spicci, è arrivato quel ministro bulletto con la divisa da capitan Findus.
Qui ci venivano i bravi ragazzi: quelli che avevano voglia di sentirsi adulti rullando una canna, anche se dentro c’era un principio attivo che non avrebbe sballato neanche Mickey Mouse. L’erba che vendevo io era relax in forma subliminale, una nebbia calmante dal profumo agreste. Un ragazzo comprava l’olio e lo somministrava, in segreto, alla nonna malata: mi ha raccontato che da quando lo faceva la vedeva più sorridente, meno dilaniata dai dolori.
Da domani il mio futuro sarà fumoso: tutti i miei risparmi bruciati in un attimo.
Da domani lo spacciatore che spadroneggiava a quell’angolo laggiù, tornerà a fare il ras del quartiere.
Uno scritto di Manlio Ranieri, nel corso di scrittura on line e interattivo Nei colori le storie, condotto da Antonella Petrera per Colori Vivaci Magazine.
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