Sei puntate inventate dal nostro brillante corsista Marco Drago nel corso di scrittura Luoghi non comuni per storie vivaci, appena concluso, tenuto da Antonella Petrera. Sei in tempo per partecipare anche tu ai prossimi corsi! Questo, partito appena tre giorni fa, tenuto sempre da Antonella e questo, che parte il 26 agosto, tenuto da Manlio Ranieri. Che aspetti!
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Non era facile per Amelia muoversi nella stanza semibuia. Voleva evitare di contaminare la scena, ma erano troppi gli angoli coperti alla luce delle piccole finestre. Quasi impossibile muoversi senza urtare qualcosa. La luce elettrica non sarebbe tornata presto, il ladro aveva tagliato i fili. C’era abbastanza polvere in quella biblioteca. Evidentemente il proprietario era più intento a collezionare libri che a leggerli, e non pagava a sufficienza i domestici per le pulizie. Strani ricconi. L’impronta della scarpa vicino alla finestra sul lato est faceva presupporre il ladro fosse uscito di là. Le schegge cadute dal lato nord invece indicavano come quell’altra finestra fosse stata scassinata dall’esterno. Il leggio vuoto al centro della stanza rendeva facile capire dove si trovasse il libro rubato. Impossibile invece stabilirne le dimensioni, vista l’assenza di polvere sulla parte superiore. Evidentemente il libro copriva interamente la superficie di legno e l’aveva tenuta pulita tutto quel tempo. Troppi indizi ancora nascosti dal buio, ma una domanda incuriosiva l’investigatrice: perchè impugnare quel lampadario appeso al caminetto? Forse una leva per un passaggio segreto? Per Amelia il nuovo caso si stava prospettando interessante.

Amelia non aveva ragioni di temere alcun pericolo, però entrò comunque nel vicolo con circospezione. Il biglietto da visita che aveva trovato nel passaggio segreto della biblioteca l’aveva condotta in quella zona della città. Leggermente in periferia, era un posto ordinario, né elegante né malfamato. Trovò il negozio di liquori che stava cercando poco dopo il cassonetto, sulla destra. Il vetro della porta era così sporco che faticava a vederci attraverso. Era evidentemente chiuso da tempo. L’indagine l’aveva portata ad un vicolo cieco. Un forte odore di sigaro attirò la sua attenzione. Era stato gettato proprio lì, poco lontano dalla porta. Era ancora caldo. Se non si fosse chinata a raccoglierlo non si sarebbe accorta dell’ impronta proprio lì davanti all’entrata. Amelia aveva sempre odiato la polvere, ma ora cominciava ad esserle grata. Aveva studiato così tanto la scarpa del ladro che ora riusciva a riconoscerla molto facilmente. Che fosse lì dentro proprio ora? L’investigatrice impugnò la pistola e si decise di entrare.

Mentre attendeva il curatore del museo, Amelia osservava distrattamente i dipinti nella stanza. Il suo sguardo indugiò pigramente su una riproduzione del dipinto di Magritte “Il figlio dell’uomo”.
“Quello attira sempre l’attenzione di tutti, forse perché è il più conosciuto. E quasi tutti riescono a distinguere l’errore.” Disse una la voce dietro di lei.
“Già, la mela è rossa invece che verde.” Si presentò: “Sono l’agente Eckartd”.
“Molto piacere, vogliamo passare direttamente all’oggetto di suo interesse?”
Il curatore l’accompagnò in un dedalo di stanze infinite. Riconobbe alcune false copie di autori del passato. Non di tutte sarebbe riuscita a riconoscere gli errori che i falsari deliberatamente introducevano per prendersi gioco dei richiedenti.
“Il proprietario della collezione si diverte molto nel vedere l’espressione di stupore quando scoprono la verità. Può essere molto maligno nel farglielo notare.”
“Le dispiace se andiamo direttamente al pezzo che mi interessa?” Amelia non aveva molto tempo da perdere.
“Certo, mi perdoni. Il libro in questione è una riproduzione di un trattato di magia del tardo medioevo. L’originale è stato rubato recentemente da una collezione privata, motivo per cui si trova qui oggi. Gli errori nel testo sono frequenti, ma spero possa comunque aiutarla a capire la ragione del furto. Le chiedo di prestare attenzione nello sfogliarlo, non è un reperto molto prezioso, ma il mio capo salirebbe su tutte le furie se lei lo rovinasse.”
Amelia inforcò gli occhiali, più di un migliaio di pagine la stavano aspettando.

Non era una birra che voleva. Ciò che la spinse a varcare la porta era tutt’altro. Lì dentro avrebbe trovato Mastro Teodoforo, il maggior esperto di magia nera che potesse sperare di trovare. Peccato fosse anche uno dei più grandi ubriaconi che non avrebbe voluto incontrare. Ciò comunque rendeva più facile trovarlo, bastava setacciare i più squallidi pub della vecchia cittadella. Una volta entrata, Amanda trovò un’atmosfera poco accogliente, tra luci soffuse e legno ammuffito. L’uomo si trovava in fondo al locale, vicino alla porta dei bagni. Amelia si preparò alla inevitabile puzza di urina mista a birra. Si sedette di fronte a lui. Aveva la testa bassa e il mento appoggiato al petto. Il respiro era lento e ampio, evidentemente dormiva. La pinta vuota le fece sospettare che stesse pure smaltendo una sbornia, chissà quanto caffè avrebbe dovuto ordinare per interrogarlo.
Lo scosse poco delicatamente sul braccio: “Ehi, sveglia! Ho bisogno dei tuoi servigi”
Teodoforo (così lo chiamavano nei bassifondi) aprì le palpebre, mostrando orbite bianche, Amelia ritrasse immediatamente la mano dal suo braccio.
“Cerchi risposte detective? Le troverai qui, ma al giusto prezzo”
L’uomo si stropicciò lentamente gli occhi, che ripresero colore. Aspettò che fosse lei a continuare il discorso.
“Sentiamo, allora, quale sarebbe il tuo prezzo?”
L’uomo allungò il braccio per chiamare il barista.

Avrebbe trovato suo padre in cantina. Amelia aveva bisogno di un consiglio da parte sua. Prima di andare in pensione, pochi anni prima, era stato un poliziotto. Uno di quelli in gamba, la sua devozione per tutti i cittadini, dalla vecchietta che doveva attraversare la strada, al mendicante che dormiva all’addiaccio, era degna di essere ricordata. Altro però meritava di essere menzionato: l’intuito e spirito di osservazione gli avevano permesso di risolvere la maggior parte dei casi che gli erano capitati sottomano. Aveva ricevuto una medaglia al merito alla sua festa di pensionamento. “Un lavoro niente male” l’aveva apostrofato il capitano. Come apprezzamento da parte del capo non si poteva chiedere di più.

Amelia aveva bisogno di aiuto. Sperava che, parlando col padre del caso, uno dei due avrebbe avuto un’illuminazione. La cantina era il luogo che più si addiceva allo scopo: lui era sempre là. E lei avrebbe gradito un bicchiere di vino. Le bollicine avrebbero rischiarato la gola, oltre che il cervello.
“Non riesci a venirne a capo.” Le parlò lui, mentre lei sorseggiava dal calice.
“Mi sono imbattuta in qualcosa che va oltre la mia capacità di comprensione. Sono una persona di scienza, non credo nel soprannaturale. Non riesco a districarmi in queste incongruenze.”
“Perchè stai sbagliando approccio.”
Amelia lo guardò negli occhi. Era ovvio che stesse cercando di farla arrivare alla soluzione senza aiuti. La domanda che le frullava in testa però era un’altra: lui ci era arrivato?
“Illuminami.”
“Non importa che tu creda o no nel soprannaturale, quello che conta è cosa pensi il ladro a riguardo.”
Amelia si battè con forza il palmo della mano sulla coscia. Come aveva fatto ad essere così…
“Maledizione!”
Si alzò di tutta fretta e uscì dalla stanza. Il vino che lasciò nel bicchiere avrebbe sicuramente trovato uno stomaco da riempire.

Cosa esattamente l’aveva condotta fin lì, Amelia non riusciva a comprenderlo. Gli indizi che aveva raccolto l’avevano portata ad entrare in un mondo di riti e credenze religiose a lei sconosciuto. Era notte fonda, e la moschea era chiusa a turisti e devoti. Nonostante nessuno gliel’avesse ricordato, si tolse le scarpe prima di calpestare il tappeto rosso che copriva l’intero pavimento. Composto da una sola grandissima sala, l’edificio si ergeva imponente con una forma circolare. Le pareti erano di vari colori, e sembravano elevarsi in un crescendo armonioso dalle solide colonne fino alla volta a crociera. Dominava il blu, come quello stesso cielo infinito in cui Amelia era solita immergersi nei suoi pensieri. Infatti si perse in quella maestosità, quasi come quando in una notte stellata ci si trova di fronte alla grandezza dell’universo. La sua vita le apparve tutta insieme all’improvviso, si domandò quale fosse il suo destino, come avrebbe affrontato l’incertezza. E il suo futuro: alla continua ricerca di una stabilità, divisa tra i luoghi del suo passato e quelli del presente, con la speranza di trovare una casa dove poter finalmente restare. Sarebbe mai riuscita ad affrontare l’estremità dell’ignoto che la aspettava?

Foto: Pinterest

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