La paura di ingrassare
La paura di ingrassare è una problematica piuttosto seria che accomuna molta gente, non solo le donne, come, invece, si tende a pensare.
Questo tipo di paura rappresenta un disagio sia fisico che mentale molto forte, che si manifesta in modo ossessivo e che condiziona la vita della persona sia nella sua quotidianità che nella sua progettualità futura. Spesso rappresenta un tarlo che agisce dentro di sé in modo martellante.
Non tutti coloro che la vivono ne parlano.
Il più delle volte, si cerca di domarla da soli, in silenzio, convinti che prima o poi possa andare via senza che nessuno lo venga a sapere; ma, in realtà, più non se ne parla e non si condivide con altri ( tra cui psicologi e psichiatri) questa sofferenza e più resta lì, sottoforma di pensiero che pulsa ritmicamente e furiosamente nella testa, soprattutto quando qualcosa non va come dovrebbe e l’umore cala improvvisamente.
La paura di ingrassare, si nutre e cresce in un terreno interiore fatto di angoscia, tristezza, solitudine e vissuti di abbandono. Spesso questo substrato emotivo ha radici molto antiche: può risalire a qualche specifico momento della propria infanzia in cui, ad esempio, si è vissuto la lontananza di qualcuno o qualcosa come lutto o come angoscia abbandonica inaccettabile e, quindi, come la perdita di tutto, di ogni certezza.
Il più delle volte, questi momenti così forti la nostra mente tende a non ricordarli, li rimuove, perché potrebbero fare molto male e anche perché in quel dato momento non sempre si possiedono gli strumenti mentali adatti per affrontare un simile dolore.
La “memoria abbandonica” può manifestarsi attraverso una serie di comportamenti sintomatologici più subdoli e latenti. Può declinarsi attraverso una serie di comportamenti compulsivi tra cui quello di controllare costantemente il peso sulla bilancia o di guardarsi trenta volte al giorno allo specchio. Il controllo del corpo, in questo caso, diviene l’unica certezza plausibile, l’unica cosa che fa sentire la persona “viva” e presente nella realtà di ogni giorno. La persona, dovremmo considerarla come un’unità somatopsichica ( mente e corpo come un’unica cosa); quindi, le sue emozioni passano anche attraverso “le viscere” del corpo. Nel caso particolare, la percezione che si ha del proprio corpo, come corpo magro o corpo grasso, viene investito simbolicamente dalla nostra mente come “corpo in grado di poter stare in mezzo alla gente oppure no”. Questa autovalutazione ingenera un certo tipo di umore: sereno oppure deflesso. Il corpo, in questo caso, viene vissuto come “corpo sociale”: un corpo chiamato a stare fra la gente ( lavoro, scuola, università, rapporti sociali quotidiani indispensabili…etc..); insomma, in contesti sociali in cui non è possibile sottrarsi.
La persona che vive questo tipo di paura legata alla corporeità (ovvero come corpo inadatto, quindi, inaccettabile), fondamentalmente vive un forte disagio interiore che non è solo correlato a dove pende l’ ago della bilancia oppure alla cerniera di una gonna o di un pantalone che non sale più! La persona che vive questo tipo di angoscia inizia piano piano a mangiare meno e a mangiare male: inizia a seguire una “dieta fai da te molto restrittiva” o a centellinare ogni cosa fino a farlo divenire un’ossessione. Più ci si priva del cibo, quello considerato più deleterio, e più il pensiero del cibo e di cosa mangiare, diventa martellante, intrusivo, invalidante. Paradossalmente la persona più sente forte, pur essendo molto fragile. Ma la cosa più grave è che questo meccanismo inizia inarrestabilmente e improvvisamente senza aver consultato un esperto, rischiando nell’80% dei casi di entrare in una spirale di sofferenza, dolore, traguardi, fatica… che, in realtà, celano tanta sofferenza interiore, nonché la paura costante di riprendere peso. Ogni caso è a sé, alcuni scivolano gradatamente nella spirale dolorosa dell’anoressia nervosa, alcuni nella bulimia nervosa, altri nell’ anoressia con episodi di abbuffata bulimica periodici, altri ancora, nei casi meno gravi, seguono una dieta yoyo ( in modo altalenante passano dalla perdita di peso all’acquisto di peso).
Nessuno di questi casi, da quello più grave a quello meno grave, possiamo considerarlo sotto una soglia di “normalità”. Ciascuno, con il proprio grado di severità clinica, necessita sia di un supporto psicologico/psicoterapico con eventuale cure farmacologiche che di un’ adeguata educazione alimentare.
La persona, in questi casi, ha bisogno di elaborare i propri vissuti emotivi con una figura professionale esperta. Ha bisogno di riconoscere i meccanismi di attivazione di determinati comportamenti disfunzionali e sull’angoscia depressiva che, il più delle volte, rappresenta una forza distruttiva e fagocitante che divora piano piano l’individuo, privandolo delle forze e della capacità volitiva.
In tutti questi casi, gli ausili terapeutici divengono necessari e indispensabili, affinché l’individuo non possa più percepirsi solo nel proprio dolore ma, possa sentirsi accolto e aiutato in questa dura lotta alla vita, attraverso il raggiungimento di un adeguato equilibrio interiore.
Dott.ssa Claudia Minenna
Psicologa Psicoterapeuta
Esperta in disordini alimentari ed educazione alimentare
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