Lucania mia
Una cimice verde sul muro, immobile
I panni stesi alla luce gialla di un lampione
E l’acqua che gocciola al ritmo di una nenia
Lungo gallerie, vicoli e gole immortali.
Come giganti emersi dal mare
Indolenti galleggiano sul mantello inferiore della terra
Un’aquila reale, una madre e un’incudine.
Da millenni depongono gusci di animali fossili
Nel blu più o meno sacro degli oceani profondissimi
Si muovono impercettibili
Si scontrano, si comprimono l’una contro l’altra
Gridando arcaici inni alla fertilità, alla vita misteriosa.
Qui l’amore eterno è custodito dentro mille alveoli sagomati dal vento
È un gioiello di roccia e di verde
Esposto al sole, all’acqua, al gelo millenario
Come una promessa, una parabola d’immortalità.
Qui il maggio e la cima si sposano magicamente
Sotto fiori, leoni e aquile a due teste
Mentre monaci di sabbia arenaria celebrano fieri
Il potere folle del tempo altissimo.
I gerani rossi appesi al belvedere
Qualche fiocco d’argilla sparso tra i ciottoli
E poi tu, tu che mi guardi con occhi di meteora.
Cristina Carlà
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