Il consenso del muro
Al contrario di ciò che il mio lato comune guizza e scintilla, questo è il tempo di separare.
Posseggo le chiavi di una porta nascosta dalle rampicanti.
Ma la apro all’occorrenza, quando il ponte levatoio è troppo impegnativo. Talvolta invio palloncini con messaggi, alla stregua di dirigibili in avanscoperta. Ma li fanno morire.
Il giardino è cinto. La casa protetta. Lo spirito difeso. Preservato. Non sperperato. L’amore centellinato con parsimonia, ma laddove donato, donato con consapevolezza estrema, gentilezza, cautela, talvolta con sicurezza, senza bisogno di esitazione alcuna.
Il muro è stato costruito con arte e perizia. A limitare. A confinare. A proteggere. È il tempo dei mattoni.
Chi vuole accostarsi può farlo solo se c’è un consenso. È il tempo della crescita calma e nascosta. Della scommessa dei germogli aridi, dell’audacia dei semi che devono morire. È il tempo del non frastorno e degli angoli desolati, cinti a loro volta con tegole rotte. È tutto un recintare. Arroccare. Stare di vedetta. Far provviste notturne di nascosto. Se il ponte lento si abbassa, veloce può tornare a innalzarsi grazie a meccaniche ben lubrificate. Basta un gesto deciso di ingranaggio che come la virata folle di un timone tira su l’unico passaggio. E sotto non rimangono che coccodrilli digiuni, arditi, incazzati e pronti a qualsiasi pasto.
Uno scritto di Antonella Petrera prodotto durante il nostro corso di scrittura in sede Frida: Viva la Vida
L’immagine di copertina è tratta dal film di Kieslowski del 1991 La double vie de Veronique
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