Toby
La costa namibiana era a sei giorni di navigazione, quella sudamericana… non l’aveva mai calcolata nessuno.
Su quello scoglio disperso l’Atlantico, in inverno, era un bestione dal dorso scuro e dai latrati che crescevano a ogni colpo di vento, alzando onde imperiose. Sei mesi dopo sarebbero diventate perfette per i pochi, coraggiosi surfer che si stabilivano lì in estate.
“Anna Karenina, ma quando arriva?” – “Altri due tramonti e due albe, Serafino Gubbio”.
E due giorni dopo, eccolo all’orizzonte, sbuffante: il piccolo mercantile con i viveri per la settimana, acqua potabile e Toby.
Avevano imparato a chiamarlo così, quell’omaccione alto e scuro, sorridente: ogni settimana scendeva dalla nave con un libro, di qualsiasi epoca e genere, e ne leggeva i passi (secondo lui) più belli a quella quarantina di poveri cristi, analfabeti e puri come pochi ne restavano al mondo.
Leggeva con voce baritonale, scandendo le parole, attorno a un fuoco dove si radunavano proprio tutti. Iniziava di sera, continuava nella fresca notte tropicale e finiva la mattina dopo, quando il mercantile lentamente riprendeva il largo.
E gli indigeni erano così rapiti da quelle pagine che iniziarono a chiamarsi con i nomi dei protagonisti dei libri, dimenticandosi i propri.
La lettura settimanale era la loro dolce clessidra, niente li avrebbe distolti da quell’appuntamento.
“Pinocchio, quando arriva Toby?” – “Fra cinque albe e cinque tramonti, Proserpina”.
Su quello scoglio disperso l’Atlantico, in inverno, era un bestione dal dorso scuro e dai latrati che crescevano a ogni colpo di vento, alzando onde imperiose. Sei mesi dopo sarebbero diventate perfette per i pochi, coraggiosi surfer che si stabilivano lì in estate.
“Anna Karenina, ma quando arriva?” – “Altri due tramonti e due albe, Serafino Gubbio”.
E due giorni dopo, eccolo all’orizzonte, sbuffante: il piccolo mercantile con i viveri per la settimana, acqua potabile e Toby.
Avevano imparato a chiamarlo così, quell’omaccione alto e scuro, sorridente: ogni settimana scendeva dalla nave con un libro, di qualsiasi epoca e genere, e ne leggeva i passi (secondo lui) più belli a quella quarantina di poveri cristi, analfabeti e puri come pochi ne restavano al mondo.
Leggeva con voce baritonale, scandendo le parole, attorno a un fuoco dove si radunavano proprio tutti. Iniziava di sera, continuava nella fresca notte tropicale e finiva la mattina dopo, quando il mercantile lentamente riprendeva il largo.
E gli indigeni erano così rapiti da quelle pagine che iniziarono a chiamarsi con i nomi dei protagonisti dei libri, dimenticandosi i propri.
La lettura settimanale era la loro dolce clessidra, niente li avrebbe distolti da quell’appuntamento.
“Pinocchio, quando arriva Toby?” – “Fra cinque albe e cinque tramonti, Proserpina”.
Uno scritto di Daniele Bitetti
prodotto durante il nostro corso di scrittura online THIS MUST BE THE PLACE, CORSO DI SCRITTURA ONLINE E INTERATTIVO
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