Se stessi per scontati, siamo merce in saldo?
Grandi occasioni! Tre per due! Merce in saldo! Ricchi premi e cotillons!
Arriva puntuale per tutti, inesorabile, il black Friday dei sentimenti. Tranquilli, non ne è esente nessuno, arriva per tutti. Ma facciamolo apposta a fare un bel tuffo in questa trappola! Andiamo a vedere.
Una volta una cara amica autoproclamatasi con successo sorella maggiore mi ha portata a riflettere sulla cautela che occorre nell’investire il proprio amore. E quindi cosa vuol dire? E’ una manovra di investimento? Un’ abilità per cui fanno dei corsi? La tragica storia delle alterne fortune nelle nostre mirabolanti avventure in balia delle relazioni? Forse la faccenda è più complessa di così. Ma partiamo da un’altra parte, per arrivare a scoprire qualcosa. Forse.
Quanti di noi fanno beneficenza? E in quanti modi si può fare beneficenza? Per la beneficenza ordinaria ci sarebbero diverse domande da porsi, sul promuovere il valore della persona a cui pensiamo di starla facendo, sull’autolavaggio della coscienza, sul pensare poverino o poveraccio davanti a qualcuno. Sull’alimentare i disagi del mondo pensando di far del bene, ma non ci interrogheremo oggi su questo. Era per acciuffare il concetto. Fatto? Bene. Proviamo ad acciuffarne un altro.
Dai tempi del catechismo ci è stato insegnato ad amare sempre e comunque, a rischio di mettere completamente da parte noi stessi. Non faceva niente. Tutto normale. Anzi, era proprio così che si doveva fare. E pure inventarci quattro o cinque guance di riserva pronte per l’occasione.
Un momento però.
L’amore è esauribile. Caspita, l’amore è esauribile? L’amore che sappiamo dare è una capacità perfezionabile, acquisibile, aumentabile e contraffabile. Ma esauribile, anche, teniamone conto. Svalutarla, metterla in saldo, o peggio, darla in beneficenza non è un’azione priva di effetti. In noi stessi e tutto intorno. E’ un’azione che produce impatti e cambia le cose. In peggio, di solito.
Dare per scontato. Facciamo un’analisi di questo termine, bella facile facile, e fidiamoci della lingua stessa in questo caso, perché stavolta anche Santo Zingarelli non è esauriente (capita perfino a lui, siamo umani, ma perdonate, non riesco proprio a separarmi dalla mia cartaceissima edizione del novantasei. Erano gli anni del liceo. Patologicamente nostalgica, lo so, pazienza). Scontare qualcosa vuol dire abbassarne il prezzo. E perché si fa? Perché ai nostri occhi ha perso di valore e vogliamo quasi sbarazzarcene. Perché non vale più un gran che. Perchè basta che se la prendono. Perchè gliela buttiamo appresso. Capito il verbo? Bravi. Ora passiamo al soggetto. Mettiamoci noi stessi e l’esauribile bagaglio di amore che abbiamo a disposizione di cui abbiamo parlato prima.
Eh. Pure io ho fatto quella faccia.
La domanda che dovremmo portarci in tasca è uno di quei bigliettini piegati in tre, che alla fine ci dà otto rettangoli in cui scrutiamo una grafia. Su c’è scritto: quanto vale l’amore che possiamo dare? Apro. Quanto vale il destinatario a cui lo sto affidando? Apro. Sto scontando me stesso? Apro un’ultima volta: quant’è che v a l g o i o?
Retro Man Fashion Free Photo —By Ryan McGuire on gratisography