Stoccolma
In questo esercizio dovevamo creare un contrasto tra la placidità di uno sguardo e la situazione in cui si trovava il protagonista. Sono lieta delle mille suggestioni che si sono unite all’improvviso mentre componevo questo esercizio. Uno scritto a cui resterò affezionata per sempre. Anche io che li tengo sono grata ai corsi e al confronto coi corsisti, che aumentano la mia creatività letteraria. E’ bello sapere di essere sempre una di loro.
Era negli occhi che il suo smarrimento prendeva il largo. Era lì che aveva capito di doversi perdere, per salvarsi almeno nella mente.
Cos’era, una cantina? In campagna? Vestiti polverosi piegavano le loro spalle dal muro, crepe diventavano piante di ragni e muschi. Sinistri scricchiolii facevano agguati come gatti bambini. Topi, forse.
Da quanto era lì? Settimane? Mesi? Non si chiedeva più se la stessero cercando. Tanto l’aveva trovata lui. Ormai aveva scelto per sè lo smarrimento negli occhi. Il vuoto nel suo stomaco cominciava a farsi brillante non appena il suono dell’armeggiare della chiave trapassava l’oscurità e raggiungeva le sue orecchie.
Lui mi sussurra.
Mi lega meglio.
Mi tocca.
Mi bacia.
Mi legge i libri a sera.
Che me ne faccio della gente? Che me ne faccio del sole? Che me ne faccio del mondo se posso affogare in questi occhi padroni? Se posso tuffarmi nel brivido erotico di tutto quello che questi occhi non mi vogliono dare?
Ma lui mi vede.
Ma lui mi lava.
Ma lui mi carezza.
Ma lui mi cura.
In queste due gocce di tossico mare devo far sparire tutto quello che pensavo di volere. Oppormi è la morte. Deve bastarmi questa salvezza bastarda distribuita nelle pupille lucide, che mi affama e mi sbrana.
Ma lui mi respira.
Ma lui mi parla.
Ma lui mi vuole.
Ma lui mi ama.
Un mio scritto nel corso Chiaroscuro Vivace, che tengo per Colori Vivaci Magazine.
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Photo: isabellaquintana on Pixabay