2+2=5
Perché sto citando una delle equazioni più sconvolgenti della storia della letteratura? E’ che il buon George Orwell mi viene in aiuto per catapultarvi in un ossimoro pugliese che sa quasi di piccolo miracolo.
Prendiamo queste due affermazioni, entrambe vere:
1. Le lucciole amano vivere in ambienti con scarso inquinamento, luminoso e ambientale. Come affermava una guida di montagna, durante un’escursione serale fra le cime incontaminate dell’Appennino, si potrebbe quasi dire che le lucciole siano un ottimo indicatore di qualità dell’aria.
2. L’area nei dintorni del siderurgico di Taranto è una delle più inquinate d’Italia.

Ecco, se mettiamo insieme queste due locuzioni sembrerebbe impossibile che, a pochi chilometri dal colosso dell’acciaio, ci sia un bosco incantato che, nel mese di giugno, diventa teatro di uno spettacolo a dir poco magico: stiamo parlando del bosco di Sant’Antuono, a Mottola, e dei suoi sciami di lucciole.
Ma del resto la provincia di Taranto è così, ci ha abituato a mille sorprese incredibili: spiagge bianchissime, mare limpido, fiumi ghiacciati dall’acqua trasparente, gravine fitte di storia e vegetazione, agrumeti puntellati di colori, accanto a una realtà industriale che ci prova in tutti i modi, a deturpare tutto questo, e per fortuna ci riesce solo in parte.

Il bosco delle lucciole è magia.
La troupe scanzonata di Colori Vivaci Magazine è andata a farci un pic-nic, e l’ha vissuto insieme a una volpe che, evidentemente, deve conoscere molto bene il posto dove i turisti si fermano per consumare le cene al sacco. Poi sono arrivate le mucche, che ci hanno accerchiato per mettere le cose in chiaro: questo è il nostro pascolo, voi siete i benvenuti solo se non ci disturbate. Ci siamo guardati bene dal farlo, naturalmente, anzi: qualcuno della gang si è anche preoccupato di far sapere loro che noi, di carne, ne consumiamo pochissima.
Ma dopo il tramonto, dopo le frittatine della Magistra e le focacce dell’Uomo del Mare, ci siamo addentrati nel vialetto lungo il quale il bosco s’infittisce ed eccola, la magia: migliaia di luci intermittenti che ci svolazzavano attorno, rendendo il buio meno denso; qualcuna ci si poggiava a riposare in mano, poi riprendeva la sua caccia amorosa.
Sì, perché i segnali luminosi delle lucciole altro non sono che il richiamo sessuale per i loro simili.
Qualcuno prova a fotografarle ma, a meno di essere dei professionisti ben attrezzati, è meglio lasciar perdere e godersi lo spettacolo. Di noi, solo l’Uomo del Mare è riuscito a immortalarne qualcuna. Per una volta, facciamo un salto indietro nel tempo: si può essere testimoni di un evento magico senza avere necessariamente la foga di farlo sapere al mondo intero attraverso i propri canali social. Prendiamoci il nostro tempo, e lasciamo che siano i nostri occhi e la nostra mente – e solo loro – a godere di questo spettacolo segreto. Se un evento compare meno su Instagram, non vuol dire necessariamente che non ne valga la pena. Torniamo ad imparare che non tutte le cose belle del mondo sono a portata di touch screen.

E poi, vabbè, se proprio ci tenete a vederle, la foto di copertina è stata scattata dal mio bravissimo amico Filippo Armenise, il quale però, per riuscirci, ha dovuto scervellarsi parecchio.

Testo di Manlio Ranieri
Fotografia di copertina Phil Drum

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