Doveva essere il tempo del verde e delle museruole.

Quello che un giorno leggerò con orgoglio e amarezza negli ologrammi che sostituiranno le biblioteche. Quello che verrà dimenticato come la Prussia, l’uomo di Cro-Magnon e l’aoristo fortissimo.

Eppure, cosa sarei io senza il paradosso di Zenone?

Non se lo chiederanno domani, con i chip negli occhi e il cinema odoroso.

Tra Saffo, Shakespeare e Severus Snape c’è qualcosa che si perderà.

Come me che non prendo mai appunti. Aspettando che la vita maturi nell’acetaia del ricordo. Per sciogliersi e poi addensarsi. Diventare parole. Queste parole che restano in gola.

“Si conoscono le cose solo attraverso i ricordi che se ne hanno”: l’ho letto da qualche parte.

Quindi non parlerò più del futuro. In fondo, ho sempre preferito altri tempi. Altri modi.

In fondo, mi sono sempre guardata le spalle.

Ma è questo il tempo in cui ho capito l’applicazione di Schroedinger alle “cose dell’amore” di Platone.

È questo il tempo in cui la luna è sia un’unghia che un sorriso. Ogni interpretazione si arrende.

Freud nel sottoscala e Bergson sul comodino.

C’è qualcosa in lei che non so scrivere.

Le piroette della penna mancano il bersaglio.

Il bersaglio danza sulle pareti, mi scivola accanto, si nasconde sotto il letto, salta su tutti i tetti della città.

La cible se moque de moi. Et je ris.

E io rido.

Rido tantissimo perchè non so dirlo, definirlo, argomentarlo.

Non so comprargli una scatola, decidergli un colore, portarlo fuori a cena.

Le mie parole sono macchie di Rorshach senza scopo.

Si esprimono analfabete e istintive, senza dire, eppur dicendo.

Sono il sussurro non colto in fondo alla stanza, il brusio dei supermercati, il sotto cassa di ogni concerto.

Come posso tradurre ciò che non comprendo? Ciò che non ho ricordato abbastanza, ciò che non ho ancora vestito di me?

Come posso dire che l’aspettavo, che mi viene da prendere a pugni il cuscino e abbracciarlo e dirgli Vaffanculo.

Vaffanculo

Vaffanculo, ti amo.

Ti amo.

E voglio solo dormire.

Dormirti accanto.

Respirare il tuo respiro.

Chiunque tu sia.

chiunque io sia.

Delia Cardinale

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